Captatio benevolentiae
Criticare Israele davanti a un pubblico filoisraeliano e criticare i palestinesi davanti a un pubblico filopalestinese. Suona come una grande prova di coraggio e onestà intellettuale. In realtà non funziona. Voglio dire, funziona se lo scopo è sentirsi bene con se stessi, ma non funziona per convincere gli altri. Lo avevano capito benissimo già gli antichi: senza captatio benevolentiae non si va da nessuna parte. Se non disponiamo i nostri interlocutori ad ascoltarci con benevolenza tireranno giù la saracinesca delle orecchie prima ancora che noi abbiamo iniziato a parlare. Dire alle persone quello che non vogliono sentirsi dire, contrariamente a quello che a volte si afferma, non è un modo per distruggere certezze o instillare dubbi. Anzi, rafforza l’ascoltatore nelle sue certezze di segno opposto.
Viceversa, aderire almeno in parte al punto di vista di chi ci ascolta è il modo migliore per portarlo dalla nostra parte. Difendere Israele senza se e senza ma davanti a chi è pregiudizialmente ostile in base alla mia esperienza non serve a nulla. Viceversa, ho sperimentato più volte che iniziare a raccontare quello che non va (s’intende quello che non va veramente, non le bufale) può rivelarsi straordinariamente utile. Per esempio, sono assolutamente convinta che le notizie più efficaci per migliorare l’immagine di Israele negli ultimi anni siano state quelle su indagini e processi contro le massime cariche politiche. Sono notizie che tolgono Israele da quella sorta di male metafisico in cui molti tendono a collocarlo e lo portano nella realtà, Paese normale tra i Paesi normali. E intanto, mentre la saracinesca delle orecchie del nostro interlocutore si è momentaneamente alzata, siamo riusciti a fargli entrare in testa il fatto che Israele è una democrazia con un sistema giudiziario che funziona. E far capire almeno questo a certe persone è già un ottimo risultato.
Mi ha fatto riflettere su tutto ciò l’incontro di martedì scorso con Francesco Migliaccio, autore del libro Primavera breve. Viaggio tra i labili confini di Israele e Palestina (ne ha parlato Giorgio Berruto la settimana scorsa). Davanti a un pubblico prevalentemente ebraico e certo più orientato in favore di Israele Migliaccio ha proclamato appunto di voler instillare dubbi. Secondo me ci è riuscito quando ha parlato di difficoltà e contraddizioni presenti nel mondo palestinese. Per me quella è stata la parte più interessante della serata, perché ha aperto una finestra su un mondo che siamo soliti guardare con una certa dose di diffidenza, umanizzandolo e facendocelo sentire più vicino.
Invece ha programmaticamente dichiarato di voler compensare ciò che aveva raccontato con una critica a Israele. E, con tutte le cose che effettivamente si potrebbero dire, e che peraltro sappiamo benissimo (politici corrotti, diseguaglianze sociali, discriminazione delle donne nel diritto di famiglia, ecc.), si è invece soffermato a lungo sull’indifferenza degli abitanti di una città israeliana nei confronti delle rovine del villaggio arabo che esisteva lì prima del 1948. Ma come? – ho pensato mentre parlava – Viviamo in un continente che in molte sue parti ha cancellato allegramente le tracce di milioni di ebrei, in un Paese in cui nessuno sembra trovare nulla di male nel far tornare con tutti gli onori le spoglie di un re che si è reso complice della discriminazione e poi dell’uccisione di migliaia dei propri sudditi, io stessa (che vivo in un ambiente straordinariamente privilegiato) lavoro tutti i giorni in un liceo che dall’oggi al domani ha buttato fuori 39 allievi e sembra essersene accorto solo l’anno scorso dopo 79 anni, e dovremmo scandalizzarci per l’indifferenza degli israeliani, a loro volta quasi certamente figli o nipoti di persone che hanno abbandonato le proprie case nella totale indifferenza di chi è rimasto? Confesso che ho chiuso la saracinesca.
È difficile conquistare i propri ascoltatori a colpi di argomenti che giudicheranno non equilibrati. Questo vale per chi critica Israele, e anche per noi che lo difendiamo.
Anna Segre, insegnante
(22 dicembre 2017)