benedetto…
Quando il patriarca Giacobbe sentì di essere prossimo alla morte radunò tutti i figli e si rivolse a loro con queste parole: “Riunitevi e vi dirò quello che vi accadrà nel tempo avvenire”(Genesi 49,1). Il patriarca intendeva rivelare la “ fine dei giorni” ma non era gradito al Signore che venisse aperto uno squarcio su un futuro così remoto, Giacobbe sentì dunque venir meno lo spirito profetico se ne preoccupò, temendo che fosse un segno indicatore del fatto che qualcuno dei suoi figli non seguiva la sua strada di fede, interrogò quindi i figli e ne ricevette come risposta le parole : “Shemà, Israel, HaShem Elokenu, HaShem Echad” – Ascolta, Israele – intendevano dire: ascolta, Giacobbe, nostro padre – il Signore è nostro D.O, il Signore è Uno, come nel tuo cuore non c’è che un solo D.O, così pure è nel nostro cuore”. Giacobbe, rassicurato, esclamò “Baruch Shem Kevod Malchutò, leolam vaed”, “Sia benedetto il Nome glorioso del Suo regno, per sempre”. Questo racconto, riportato in un passo del Talmud (TB. Pesachin 56a), riconduce all’episodio biblico la prima formulazione della frase “Baruch Shem Kevod Malchutò, leolam vaed” che, come è noto, viene pronunciata sottovoce, quale risposta dopo la prima frase dello Shema Israel; a loro volta, secondo questo midrash, le prime parole dello Shemà “Ascolta, Israele” sono le stesse rivolte al padre dai figli di Giacobbe, con la differenza che l’appellativo “Israel” diviene riferimento a tutto il popolo. Ricollegata allo stesso episodio,c’è anche un’altra tradizione, riportata nel Targum Yerushalmi (versione e commento midrashico in aramaico) secondo la quale l’esclamazione del patriarca, dopo aver udito le confortanti parole dei figli, fu così espressa: “ Yè Shemè rabbà mevarach, lealam ul’almè almayà” “Sia il Suo grande Nome benedetto per tutta l’eternità”,sono queste parole in aramaico, divenute parte essenziale della preghiera del Kaddish, che è la proclamazione di fede nella santità eterna di D.O. Apparentemente sembrerebbe non sussistere sostanziale differenza di significato tra le due attestazioni di fede – “Baruch Shem Kevod Malchutò, leolam vaed – Sia benedetto il Nome glorioso del Suo regno, per sempre” e “Yè Shemè rabbà mevarach, lealam ul’almè almayà – Sia il Suo grande Nome benedetto per tutta l’eternità”, la cui origine viene attribuite al patriarca; esiste invece una sostanziale differenza nel modo in cui pronunciamo queste due frasi: la prima viene recitata in silenzio, dalla comunità riunita in preghiera così come da ogni singolo ebreo individualmente, la seconda invece viene intonata a gran voce e solo quando la presenza di un contesto pubblico ( minian) consente di leggere la preghiera del Kaddish. Secondo una spiegazione, la differenza sembra insita nel fatto che “ Baruch Shem Kevod.. “attesti una fede in D.O contestualizzata nel tempo presente, in un mondo nel quale essa è spesso rinnegata o, forse ancor peggio, strumentalizzata e volta verso comportamenti e valori che sono in totale contraddizione con l’essenza del Signore, D.O di giustizia e di misericordia, come ci insegna la Torah; in questo contesto l’affermazione di fede della comunità o del singolo figlio d’Israele è umile e sommessa, consapevole di essere ancora una voce che non viene ascoltata o percepita nel suo significato. Diverso è invece il senso della risposta del Kaddish, qui abbiamo una comunità che attesta un fede rivolta verso verso il futuro, verso il tempo messianico, il tempo in cui il Nome Unico di D.O sarà segno di unità per tutti gli uomini; è questa una fede che va testimoniata a voce alta, soprattutto per rafforzare il senso dell’impegno di vita che essa comporta, un impegno che riguarda tutto Israele, perché questa fede possa un giorno tradursi in realtà.
Domani, digiuno del Dieci di Tevet, sarà il Giorno del Kaddish in ricordo di tutte le vittime della Shoah, domani nel loro ricordo riaffermeremo l’impegno per il futuro: “Yè Shemè Rabbà mevarach – Sia il Suo grande Nome benedetto per tutta l’eternità”; questo Sabato leggeremo nella Torah l’episodio citato del patriarca Giacobbe, rinnoveremo l’impegno di unità nei valori condivisi di fede pronunciato dai figli del patriarca e potremo attingere, nelle parole di conforto pronunciate dal patriarca, “Baruch Shem Kevod Malchutò, leolam vaed – Sia benedetto il Nome glorioso del Suo regno, per sempre” il senso di una fede silenziosa di fronte ai nuovi drammi del presente ma tuttavia ancora alimentata dalla speranza.
Giuseppe Momigliano, rabbino