Pagine Ebraiche gennaio 2018
Nella Ghemarà la chiave dei sogni
Il Talmud non è solo il testo sacro per eccellenza dell’ebraismo vivo, è anche uno strumento di conoscenza e di interpretazione complesso e polivalente. La sua funzione e la sua utilità possono variare enormemente a seconda degli utilizzatori e del quadro generale in cui operano. Ma considerare il Talmud uno strumento privilegiato per capire i problemi significa soprattutto conferire a questa immensa collezione di esperimenti metodologici lo status di metodo interpretativo per eccellenza.
La riedizione recente di un classico della letteratura rabbinica del primo Novecento (Traum und Traumdeutung im Talmud, Marix Verlag) riporta l’attenzione sull’opera a lungo dimenticata di un rabbino viennese, Alexander Kristianpoller, dedicata al Sogno e all’interpretazione dei sogni nel Talmud. Il libro, redatto da un grande esperto di Talmud e da un importante rabbino europeo, può essere percorso su diversi piani di lettura. Da un lato l’incredibile competenza tecnica dell’autore, che fu erede di una illustre dinastia di rabbini galiziani infine stabilitosi a Vienna, nella capitale dell’Impero, consente di sondare l’intero corpus talmudico alla ricerca all’interno dell’oceano delle pagine e dei concetti che la Ghemarà racchiude di ogni traccia di sogno e di interpretazione onirica. Dall’altro il libro si sviluppa fino a riordinare una concezione ebraica dell’interpretazione dei sogni e offre quindi al lettore una lettura talmudica che consiste in un universo interpretativo e metodologico, quello dell’interpretazione ebraica del sogno, che abita all’interno di un altro più generale universo interpretativo e metodologico, che consiste nell’insieme del materiale talmudico.
Scritto a Vienna nel 1914 alla vigilia del Primo conflitto mondiale, poi rimasto fermo in un cassetto per tutto il tempo della guerra, il libro vide effettivamente la luce e la diffusione per la prima volta nel 1923 all’interno del quarto tomo del colossale corpus di studio chiamato Monumenta Talmudica, intitolato Volksueberlieferungen (Trasmissione popolare) e dedicato, soprattutto nella sua seconda parte alle “Aberglauben” (Superstizioni).
Ora estrapolato e liberato dal suo contesto enciclopedico dove Il lettore viene condotto attraverso l’intero contenuto del Talmud e invitato a soffermarsi su tutti i passaggi, ognuno censito con la massima precisione, in cui ci si affaccia nell’esperienza onirica. Ma la trasversalità dell’opera va ben oltre questa erudita dimostrazione di competenza, perché consente di comprendere anche quale può essere una possibile strada della sapienza ebraica nel l’esercizio di interpretare sogni. Ovviamente i richiami sono numerosi, e il testo e il racconto della Torah costituisce la base da cui si dipana ogni ragionamento. Ma il Talmud e i suoi Maestri si spingono ben oltre, mettendo in campo strumenti molto sofisticati e diversi: da un canto la saggezza che deriva dalla pratica della Torah Orale. Dall’altra la capacità ebraica di sviluppare la propria cultura originaria in quanto cultura distinta da tutte le altre e contemporaneamente di avvalersi di una continua comunicazione con ogni cultura circostante. Proprio questo particolare aspetto del lavoro risulta fra i più appassionanti perché mostra chiaramente come i Maestri del Talmud fossero capaci senza mai cedere alla tentazione dell’appiattimento di conoscere e di utilizzare senza complessi tutto il bagaglio di conoscenze che era disponibile nei loro tempi sul mercato delle idee e delle competenze.
Il parallelo affascinante fra lo studio del sogno in ambiente talmudico compiuto dall’autore di questo libro e il lavoro di un altro ebreo suo concittadino e di un suo contemporaneo, Sigmund Freud, anch’egli ben sperimentato nella combinazione fra solida conoscenza ebraica e estese competenze nelle scienze e nelle arti secolari, è inevitabile. E il lettore resta colpito nel notare di come il rav Kristianpoller citi dovutamente l’introduzione che il padre della psicanalisi dedicò ai trattati di interpretazione onirica di Aristotele. La trasversalità, quell’equilibrio costantemente minacciato e spesso faticosamente riconquistato fra cultura ebraica e cultura secolare che costituisce il segreto della sopravvivenza ebraica attraverso il tempo, del resto, è a sua volta patrimonio dei Saggi del Talmud. “Le autorità rabbiniche – sottolinea nella prefazione Samuel Kottek – non vivevano sotto una campana di vetro, ma si tenevano in contatto con le civiltà circostanti. L’onirologia resta senza alcun dubbio un soggetto trasversale e transculturale, così come appare chiaramente in questa opera”. Ma la catalogazione delle circostanze oniriche che appaiono lungo l’opera talmudica non può bastare, va integrata con le profonde conoscenze che consentono di agganciare ogni episodio al contesto ebraico e al contesto generale.
Nello stupefacente cinquantasettesimo paragrafo (“Quattro tipi di sogni sono veritieri…”) del settimo capitolo (“Verità o vanità dei sogni”), l’autore prende le mosse dal celebre passaggio che si trova al foglio 55b del trattato Berachot per sbalordire il lettore con una indimenticabile, quasi prodigiosa dimostrazione pratica. Il passaggio della Ghemarà viene scomposto utilizzando la strumentazione padroneggiata dai talmudisti, ma in questo caso sotto ai riferimenti ebraici si sviluppano altre reti di conoscenze che rappresentano una delle più impressionanti dimostrazioni di Torah im Derech Eretz (studio della Torah combinato con gli studi secolari) che fu alla base dell’insegnamento dei rifondatori della neoortodossia contemporanea e in particolare del rav Samson Raphael Hirsch. Il lettore ne trova un saggio nei pochi, preziosi frammenti raccolti nel testo che correda questo articolo.
“I miei genitori – commenta oggi il figlio dell’autore, rav Nahum Kristianpoller – furono deportati e assassinati nel 1942 e non hanno avuto la gioia di vedere i loro nipoti vivere in Eretz Israel. Dozzine di loro discendenti vivono oggi in Israele sul cammino della Torah im Derech Etez. È questa la nostra risposta alla Shoah”.
Guido Vitale, dossier Talmud – Pagine Ebraiche gennaio 2018
(28 dicembre 2017)