Auguri
“Auguri per un anno di libertà, di identità, di valori radicate (?) sul territorio, quindi non più il derby tra fascisti e comunisti, ma tra coloro che sono legati alla propria comunità e gli sradicati senza identità che vivono di globalizzazione e di patatine del McDonald’s”. Con queste profonde e lineari parole Matteo Salvini, uno tra i candidati premier alle prossime elezioni (ricordiamolo), augura in un video sulla propria pagina Facebook a “tutti noi” delle buone festività natalizie. Se tante volte a qualcuno sfuggisse quale sarebbe “la nostra identità” di cui parla Salvini, sappia che – come afferma egli nello stesso video – essa è comunque “molto più vicina alla cultura russa, per idee, tradizioni, valori”.
Non so chi avesse in mente come prototipo Salvini quando parla di “sradicati senza identità”, ma soprattutto nel secolo scorso il primo pensiero sarebbe sicuramente
corso verso gli ebrei o magari i gitani, proprio nella Russia tanto amata da Salvini, dopo la Seconda Guerra Mondiale era in uso nelle campagne antisemite volute da Iosif Stalin l’appellativo per i primi di “cosmopoliti senza radici”. Che strane similitudini!
La crociata contro il cosmopolitismo è ormai una delle parole d’ordine dell’estremismo di destra ripulito a nuovo con il nome di “sovranismo”, da Steve Bannon fino a Marine Le Pen, passando per Diego Fusaro, il quale continuamente attacca la “generazione Erasmus” colpevole di di essersi “femminilizzata”, di aver abbandonato la divisa militare e il “radicamento cultural-nazionale”, per consegnarsi “ senza coscienza infelice all’erranza planetaria, all’espatrio permanente, al moto diasporico globalizzato e alla centrifugazione postmoderna delle identità”. Tutte stigmatizzazioni queste che appunto nella propaganda antisemita di qualunque colore venivano/vengono attribuite normalmente agli ebrei.
Oltre a un excursus sul funzionamento della lavatrice (alla quale probabilmente Fusaro si è ispirato), si potrebbe chiamare in causa di nuovo Yuri Slezkine con il “Secolo Ebraico” (2011), dove sostiene che il cosmopolitismo moderno o l’internazionalismo tanto vituperato dai sovranisti proverrebbe dall’esperienza e dalle idee degli esiliati e degli intellettuali ebrei e non dei secoli scorsi, oppure notare, come ha scritto Claudio Vercelli nel suo ultimo intervento, che il “radicalismo delle identità” è un punto di contatto tra i neofascisti/sovranisti e i fondamentalisti islamici, sebbene entrambi si diffondano e rafforzino grazie alla globalizzazione e ai suoi canali mediatici. Il mondo di ieri, mitizzato da questi nostalgici, aveva però molti meno confini di quello attuale, le grandi città d’Europa e non solo, erano molto spesso popolate da una maggioranza di nazioni “straniere”. In una città come Odessa, tanto per rimanere nell’incontaminato e puro ex Impero Russo, prima del 1941 gli ebrei sono stati per lungo tempo la componente principale, e nelle sue strade si poteva ascoltare frequentemente il greco, il polacco, l’armeno o il tedesco. Il gentista medio obietterebbe che i “nostri” o gli “emigrati di una volta” erano rispettosi delle leggi e “pretendevano” meno diritti. Vero, la Moldovanka, il quartiere ebraico di Odessa descritto da Isaac Babel era rinomato per i tassi di criminalità, negli Stati Uniti ad opporsi alle politiche del governo o al potere dei privati erano per lo più coloro che venivano da oltreoceano, irlandesi, ebrei, italiani, le mafie sono un fenomeno caratteristico di tutte le comunità diasporiche del XX secolo, i sobborghi portuali di Napoli, Marsiglia o Amsterdam, dove transitavano persone e merci di tutto il globo, non erano luoghi per niente raccomandabili. Non bisogna stupirsi, l’emarginazione e la povertà hanno spesso costituito inevitabilmente il terreno di coltura per comportamenti malavitosi e, nel migliore dei casi, destarono l’anelito per la trasformazione della società, nel bene o nel male.
Le migrazioni hanno comunque arricchito e scandito la storia dell’umanità, a differenza delle idee sovraniste di Fusaro e Salvini, le quali ricordano fosche ideologie e sono buone forse per coloro che mangiano ugualmente “le patatine del McDonald’s” ma certo della propria cultura o comunità conoscono sicuramente ben poco. Io dal mio canto nel nuovo “derby” mi posizionerò tra gli “sradicati”, magari la compagnia è migliore, e poi al cotechino e al panettone sinceramente preferisco il cuscussù e la baklava.
Francesco Moises Bassano
(29 dicembre 2017)