Pagine Ebraiche gennaio 2018
“Ecco, Piotr, il Talmud è fatto così…”

Screen Shot 2017-12-28 at 19.57.18Tra i grandi intellettuali del Novecento in cui più forte si avverte l’influenza del Talmud spicca senz’altro la figura di Primo Levi. Teresa Agovino, studiosa dell’Università L’Orientale di Napoli, ha dedicato all’argomento un breve ma prezioso saggio intitolato “Se non ora, quando? Citazioni talmudiche e bibliche nell’opera di Primo Levi”. Un approfondimento dedicato al suo primo vero romanzo, Se non ora, quando? appunto, pubblicato nel 1982, in cui si racconta la storia di un gruppo di partigiani ebrei askenaziti in viaggio nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, dalla Russia fino ad una Terra Promessa che non riusciranno a raggiungere.
I personaggi, precisa Levi in calce al romanzo, sono tutti immaginari. “Inventata – scrive – è anche la canzone dei ‘gedalisti’, ma il suo ritornello, insieme con il titolo del libro, mi è stato suggerito da alcune parole che ho trovate nel Pirké Avoth (‘Le massime dei Padri’), una raccolta di detti di rabbini famosi che fu redatta nel II secolo dopo Cristo, e che fa parte del Talmud. Vi si legge ‘Egli [il rabbino Hillel] diceva pure: Se non sono io per me, chi sarà per me? E quand’anche io pensi a me, che cosa sono io? E se non ora, quando?’. Naturalmente, l’interpretazione che di questo detto io attribuisco ai personaggi non è quella ortodossa”.
La canzone menzionata, spiega Agovino, viene suonata all’interno del romanzo dal capobanda Gedale. La sua composizione, che si conclude con le parole del rabbino Hillel, è attribuita a un partigiano della banda, rapito e condannato a morte dai nazisti, che l’avrebbe scritta prima dell’esecuzione.
Ma anche nel resto della narrazione, sottolinea la studiosa, è l’autore stesso a citare attraverso i discorsi dei personaggi la fonte talmudica o biblica.
Lo si evince anche dai versi che seguono: “Era forse l’effetto della lunga astinenza, ma a Mendel, quando osservava Line, veniva in mente Raab, la seduttrice di Gerico, e le altre ammaliatrici della leggenda talmudica. Ne aveva trovato le tracce in un vecchio libro del suo maestro rabbino: un libro vietato […]. Michàl, che affascinava chi la vedeva. Giaele, la mortifera partigiana di un tempo, che aveva trafitto le tempie del generale nemico con un chiodo, ma che seduceva tutti gli uomini col solo suono della sua voce. Abigaìl, la regina assennata, che seduceva chiunque pensasse a lei. Ma Raab era superiore a tutte, qualsiasi uomo pronunciasse soltanto il suo nome spandeva istantaneamente il suo seme”.
Raab-Line, la “seduttrice di Gerico” che si ribella alle leggi imposte dalla religione. “Line – scrive Levi – contesta la legge mosaica, che vieta di desiderare la donna altrui. Presupposto implicito del divieto è che la donna sia proprietà dell’uomo. Secondo Line invece, prima del matrimonio uomini e donne sono liberi: possono desiderarsi e fare l’amore quanto gli pare […] Per il momento Line non è sposata, e quindi non appartiene a nessuno”. Forse per questo Mendel, il protagonista del romanzo – spiega Agovino – associa la sua compagna alla meretrice biblica. Anche se ella “non appartiene a nessuno”, perché non sposata, e “dopo l’amplesso rimane inquieto, turbato, mentre Line invece si addormenta tranquilla”.
Altra figura rilevante è quella di Piotr, un cristiano ortodosso che vuole seguire il gruppo partigiano fino in Israele. Osserva al riguardo la studiosa: “Piotr è un ignaro ponte tra la religione ebraica e quella cristiana e in tal senso egli diventa un altro alter ego dell’autore stesso, che è punto di contatto ma consapevole, a differenza del suo ingenuo personaggio, tra due culture religiose”.
Significativo tra gli altri questo dialogo, dal testo di Levi: “Che cosa è il Talmud?” chiese Piotr? – È il vostro vangelo?” […] Pavel lo interruppe: […] “Te lo spiego io con un esempio. Stai bene attento: due spazzacamini cadono per la canna di un camino; uno esce sporco di fuliggine, l’altro esce pulito. Ti domando: quale dei due va a lavarsi?”. “Quello che è sporco”. “Sbagliato”, disse Pavel. “Quello che è sporco vede il viso dell’altro che è pulito, e crede di essere pulito anche lui. Invece quello che è pulito vede la fuliggine sulla faccia dell’altro, crede di essere sporco e si va a lavare. […] Ma aspetta, […] questi due spazzacamini cadono una seconda volta e ancora una volta uno è sporco e l’altro no. Chi va a lavarsi?”. “Ti ho detto che ho capito, va a lavarsi lo spazzacamino pulito”. “Sbagliato […] Lavandosi dopo la prima caduta, l’uomo pulito ha visto che l’acqua nel catino non diventava sporca e invece l’uomo sporco ha capito il motivo per cui l’uomo pulito era andato a lavarsi. Perciò questa volta si va a lavare lo spazzacamino sporco. […] E ora la terza domanda: i due cadono giù per il camino una terza volta. Quale dei due si va a lavare?”. “D’ora in avanti, si va a lavare quello che è sporco”. “Sbagliato ancora. Hai mai visto due che cadano attraverso lo stesso camino, e uno sia pulito e l’altro sporco? Ecco, il Talmud è fatto così”.

Dossier Talmud, Pagine Ebraiche gennaio 2018

(29 dicembre 2017)