…amici

Il 2018 sarà un anno di elezioni e si parlerà molto di politica e di Israele. Esistono nella pratica contemporanea vie diversissime per sostenere e difendere lo stato d’Israele di fronte alle molte e agguerrite forze ostili che lo combattono. Lasciamo perdere i nemici e concentriamoci sugli amici. Una prima via è quella di dire che Israele ha sempre ragione, tutto il territorio che si estende dal Mar Mediterraneo fino a ben oltre la sponda orientale del fiume Giordano appartiene storicamente esclusivamente a Israele, il governo in carica in Israele è il migliore del mondo, esiste una sola verità che è rappresentata dal pensiero unico dell’odierno Primo Ministro, qualunque critica – sia pure velata di ironia – è gravemente offensiva e totalmente inaccettabile, i critici dall’interno sono ricoperti di contumelie, e all’esterno il più turpe o deficiente uomo di stato di un altro paese – se sostiene Israele – è un sant’uomo e un genio della politica. Una seconda via è quella di dire che il diritto alla sovranità di Israele è fuori discussione e ogni tentativo di contestarlo verrà respinto senza compromessi, ma Israele è un società democratica dove in parlamento siedono 13 partiti politici che propongono idee diverse, i tribunali non sono servitori del potere esecutivo, vige la più totale libertà di opinione e di critica, anzi l’autocritica è una grande risorsa che rinforza la legittimità e la potenza della società israeliana, i valori etici di giustizia e di verità propri dell’ebraismo comportano anche la capacità di compiere rinunce e di considerare il bene del prossimo oltre che il proprio. Nella dialettica fra queste due voci, curiosamente, a volte i sostenitori della prima via sono persone che mai o quasi mai hanno vissuto in Israele e si esprimono nonostante la loro basilare ignoranza della lingua, della cultura e della vita quotidiana nel paese reale; mentre i sostenitori della seconda via sono magari persone che hanno speso tutta o gran parte della propria vita nel paese, hanno partecipato con le proprie energie e quelle dei propri figli e nipoti allo sforzo di difesa, hanno contribuito con le proprie risorse mentali e materiali allo sviluppo economico e sociale del paese. Anche il contrario può essere vero. Ma la questione fondamentale non è quale delle due vie espositive possa vincere il primo premio a un concorso di bellezza, bensì quale delle due sia la più efficiente nella difesa degli interessi di Israele, quale possa aggregare attorno a sé un maggiore numero di ascoltatori disponibili al dialogo, quante persone neutrali o perfino ostili si facciano convincere dalla prima tesi e quante dalla seconda. Purtroppo fra i sostenitori delle due vie esiste una costante polemica, sempre inutile, spesso sgradevole, e mai produttiva. Per fortuna la libertà di stampa offre a tutti l’opportunità di esprimere la propria opinione. Per il bene di Israele, vinca il migliore.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme