fratelli…

Dal momento in cui il Signore affianca Aron a Mosé, con il compito di esserne il portavoce della parola divina nello svolgimento della missione presso il faraone, per la liberazione del popolo d’Israele, si instaura tra i due fratelli un rapporto di fiducia reciproca e piena armonia. Questa condizione ideale è testimoniata dal versetto della Torah in cui vediamo alternarsi l’ordine di citazione dei due nomi, che antepone prima Aron a Mosè e successivamente Mosè ad Aron – “Sono questi, Aron e Mosè che ebbero incarico dal Signore di fare uscire i figli d’Israele dall’Egitto nelle loro schiere. Essi sono quelli che parlarono al faraone re d’Egitto, perché lasciasse partire i figli d’Israele dall’Egitto. Essi, Mosè e Aron”. (Esodo 6, 26-27). Rashì spiega che questa alternanza nell’ordine di presentazione dimostra che erano entrambi di eguale valore ed importanza. Possiamo intendere che questa armonia era legata al fatto che ciascuno riconosceva la superiorità dell’altro nei rispettivi campi di azione: Aron sapeva che Mosè era superiore a lui quanto a livello di profezia e Mosè riconosceva che Aron, meglio di lui, era in grado di riportare le parole del Signore. I due fratelli, ai quali il Signore affida il compito di condurre la liberazione del popolo dalla schiavitù, adempiono al proprio compito ciascuno mostrando un sincero e convinto riconoscimento delle qualità altrui e dei propri limiti. I fratelli che operano in armonia preparano la liberazione e indicano, anche a noi, il percorso della gheulah, della redenzione mentre, in senso diametralmente opposto, i figli di Giacobbe, con le loro gelosie, gli insanabili rancori e l’incapacità di parlarsi pacificamente – per troppo tempo dimostrati verso Giuseppe – avevano aperto la strada verso la discesa in Egitto, risultando causa iniziale delle successive tragedie.

Giuseppe Momigliano