Vercelli – Salvarsi nell’Italia nazifascista
Affollata presentazione a Vercelli del libro di Liliana Picciotto, Salvarsi. Gli ebrei italiani sfuggiti alla Shoah. 1943-1945, pubblicato da Einaudi. L’incontro, con gli studenti del liceo classico La Grangia e del liceo scientifico A. Avogadro della città, è stato voluto dalla presidente della Comunità ebraica vercellese Rossella Bottini Treves, che da anni collabora con l’Istituto per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia e con la Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano.
In Sala Foa, Liliana Picciotto ha raccontato agli studenti gli anni più bui della storia contemporanea. Ha messo in luce la convivenza di due nazioni differenti: l’Italia degli ebrei, dei disertori, dei dissidenti politici, dei perseguitati e l’Italia dei Giusti, delle persone che hanno aiutato l’Italia nascosta.
Un punto su cui ha insistito l’autrice è il fatto che è emerso il carattere di una parte italiani che, al di fuori di ogni generalizzazione, sono intervenuti a fronte delle difficoltà altrui, creando un network non organizzato ma efficace. Al momento delle persecuzioni, i salvatori, non hanno aderito ad un moto collettivo, ma molte sono state le coscienze risvegliate dallo stato di necessità.
Il dialogo con l’autrice è stato molto utile anche per spiegare la metodologia della ricerca condotta dalla Picciotto, che ha raccolto nel suo testo 700 testimonianze, dovendo depurare molte di esse dai ricordi che si sono accumulati o rarefatti o nel tempo, ricordi a volte acquisiti e arricchiti da memorie altrui e differenti dalla realtà degli accadimenti.
Molte le domande degli studenti all’autrice, che ha saputo intrattenere una platea di circa 80 sudenti oltre al pubblico adulto, dando una puntuale visione storica d’insieme del biennio 1943-1945 e rendendo tangibili la paura, le difficoltà, le opportunità che gli ebrei hanno dovuto affrontare per salvarsi. Dai pericoli delle frontiere, al ruolo dei contrabbandieri, agli incontri con le autorità, come nel caso della Svizzera, nazione che non ha mai regolamentato l’accoglienza ai rifugiati. I ragazzi hanno quindi potuto mettere in parallelo il passato con il presente.
Al termine della presentazione del libro è intervenuto anche Emilio Jona, ebreo biellese, iscritto e da sempre vicino alla Comunità, che ha vissuto con la famiglia le deportazioni, disperdendo molti famigliari, scappati, internati, vessati dal peso degli eventi storici. A seguire anche Giulio Mortara ha raccontato brevemente la sua storia e quella della famiglia, obbligata a cambiare il proprio cognome per sfuggire alla follia delle persecuzioni. Un’ulteriore testimonianza preziosa per gli studenti dunque, che hanno potuto apprendere la vera storia, quella fatta dalle persone che all’epoca dei fatti c’erano e che si sono dovute confrontare con quanto raccontato da Liliana Picciotto.
(12 gennaio 2018)