LETTERATURA Levi papers: il lavoro dello scrittore

il verroAA.VV. / IL VERRI / Edizioni del Verri

Partigiano – È il primo foglio dattiloscritto che Levi acclude al libro della prima edizione del 1947 di Se questo è un uomo. Si tratta del nuovo inizio del libro. Non comincia più con il campo di Fossoli e con i deportati: «Alla metà del febbraio ’44, gli ebrei italiani nel campo di Fossoli erano circa seicento… » recitava l’edizione De Silva. Ora Levi parla dell’esperienza partigiana: «Ero stato catturato dalla Milizia fascista il 13 dicembre 1943 (…). Non mi era stato facile scegliere la via della montagna, e contribuire a mettere in piedi quanto, nella opinione mia e di altri amici di me poco più esperti, avrebbe dovuto diventare una banda partigiana affiliata a “Giustizia e Libertà”…». La cornice iniziale è mutata negli anni che vanno dal 1946 al 1958, quando esce la versione accresciuta di Se questo è un uomo presso Einaudi. La lotta partigiana entra nel libro sin dal suo esordio. Si tratta di uno dei cambiamenti sostanziali tra il libro del 1947 e quello del 1958. Sono lo stesso libro, ma non sono lo stesso libro. Nelle Opere c o m p l e t e pubblicate da Einaudi si leggono entrambi. Emilia – Aperto da quell’avverbio – «Così» –, che suona come un colpo di gong, è uno dei brani più commoventi di Se questo è un uomo. Si tratta di un passo aggiunto alla s e c o n d a edizione del 1958 nel capitolo Il viaggio; non c’era nel 1947. Come mai? È una delle emersioni di Primo Levi; uno di quei passi che escono dalla sua memoria, che aggiunge qui e là nel libro e che rendono le due edizioni così diverse. Se oggi si legge il brano nella pagina del volume, non ci si accorge dell’aggiunta. Questo perché lo scrittore lavora sempre con piccole tessere, brevi tasselli, salvo inserire anche interi capitoli nel libro del 1958, come Iniziazione. Dove sta la commozione? Negli aggettivi che definiscono la bambina Emilia Levi, morta ad Auschwitz all’arrivo: curiosa, ambiziosa, allegra e intelligente. Sono quattro definizioni della sua personalità. La curiosità è una qualità che corrisponde a Levi stesso, uno dei grandi valori della sua vita. Ambiziosa: è davvero splendido detto di una bambina; l’ambizione come virtù, e non come un difetto. Poi: allegra e intelligente, una coppia. Allegria: una qualità importante per Primo, fondamentale in un bambino. Il sale della vita. Alla fine l’intelligenza, altra dote; aggettivo-sostantivo posto per ultimo, a chiudere la definizione di Emilia. Nel cerchio di questi quattro aggettivi c’è tutto. Poi segue un’immagine fortissima, che Levi avrebbe potuto dilatare sino a farne un racconto: il padre e la madre che fanno il bagno a Emilia dentro un mastello di zinco. Con l’acqua tiepida «che il degenere macchinista tedesco aveva consentito a spillare dalla locomotiva». L’attenzione cade su quell’aggettivo: “degenere”. Fa venire in mente l’“arte degenerata”, esposta dai nazisti dopo aver sequestrato i quadri espressionisti o astratti ai collezionisti ebrei. Il significato della parola è: allontanarsi dalla propria stirpe, dal genus. Levi preleva questo aggettivo da quel contesto, e lo pone qui. Un contrasto voluto. Quindi un verbo: “spillare”, di origine manzoniana, ma anche tecnologico. Chiude il tutto un verso: «che ci trascinava tutti alla morte». La parola morte chiude il brano inserito con questa strisciolina di carta. Tutti vanno alla morte. Emilia è morta. Tutti sono morti. La locomotiva ci ha trascinati alla morte.

m.b., Pagine Ebraiche, gennaio 2018