“Guerra all’indifferenza”
“La madre di tutti gli orrori è l’indifferenza. Combatterla è una battaglia persa”. Non per questo Liliana Segre, sopravvissuta alla Shoah, ha smesso di combattere. Seppur consapevole, con amarezza, di non potersi dire ottimista, affaticata da un impegno gravoso, Segre spiega a Pagine Ebraiche di conservare la speranza.
“Quando parlo davanti ai ragazzi, centinai di studenti, dico sempre: ‘Se almeno uno o due di voi si ricorderà di me, sarò felice’. Uno o due di fronte a una moltitudine. No, non sono ottimista ma comunque questo pensiero mi da la forza di continuare. E conservo sempre la speranza”. L’auspicio che l’indifferenza nonostante tutto si sgretoli, che testimoniare gli orrori della Shoah abbia un significato e serva per le future generazioni. A loro sono diretti gli ultimi due suoi libri, pubblicati a gennaio: Fino a quando la mia stella brillerà, scritto con Daniela Palumbo per la collana dedicata ai ragazzi Il battello a vapore (Piemme editore) e La memoria rende liberi (Rizzoli) firmato con Enrico Mentana. “Sono due libri diversi nonostante siano usciti in contemporanea. Il primo, quello del Battello a vapore, è rivolto ai più giovani. È una specie di dissociazione di una me vecchia che racconta la me bambina. Certo le parole sono dure ma per raccontare quegli avvenimenti non ci sono alternative”.
“Il libro con Mentana invece – spiega Segre – doveva uscire come un’intervista ma durante i nostri incontri lui ha deciso che non potevamo essere alla pari in una storia così enorme”. In La memoria rende liberi Liliana Segre ripercorre la sua infanzia, il rapporto con l’adorato papà Alberto, le persecuzioni razziali, il lager, la vita libera e la gioia ritrovata grazie all’amore del marito Alfredo e ai tre figli.
“Io ho fatto della Memoria la mia vita e sono contenta che sia stato istituito il Giorno della Memoria – riflette la Testimone, deportata nei campi di concentramento nazisti quando aveva solo tredici anni – Anche se esiste il pericolo che sia svuotato del suo significato, che diventi virtuale o un semplice rito, credo che sia importante. È importante che almeno se ne parli. Un giorno probabilmente la storia metterà una pietra sopra a quanto accaduto ma non finché le ceneri volano ancora sopra il cielo di Auschwitz”.