Leggi del ’38, il re a processo:
“La Storia ti condanna”
La Corte decide all’unanimità. Lo Statuto Albertino, la legge vigente allora, dice che la persona del re è “sacra” e “inviolabile” e quindi Vittorio Emanuele III in un’aula non ci sarebbe finito. Ma resta la “condanna della Storia”, quella sì netta, per una chiara complicità del sovrano nella promulgazione e nell’entrata in vigore delle Leggi razziste. Si chiudono così due intense ore di dibattimento processuale. Uno spettacolo, certo. Ma in cui avvocati e magistrati di fama si confrontano sulle responsabilità di quelle Leggi. E in particolare su quelle del penultimo re d’Italia, al banco degli imputati.
Un lungo applauso decreta il successo de “Il processo”, la rappresentazione teatrale voluta dall’Unione delle Comunità Ebraiche e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri nell’ottantesimo anniversario delle Leggi del ’38. Qualificata la platea che si è raccolta all’Auditorium Parco della Musica di Roma: in sala tra gli altri la presidente della Camera Laura Boldrini, la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli e il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini. E qualificato il parterre degli attori-giuristi. Paola Severino, Giuseppe Ayala e Rosario Spina compongono la corte, presieduta dalla prima, che è rettore e professore di Diritto Penale alla Luiss oltre che ex ministro della Giustizia, mentre Ayala è magistrato ed è stato pubblico ministero del maxiprocesso di Palermo contro la mafia e Spina, anche lui magistrato, è presidente della sezione presso la Corte d’Appello di Milano. Marco De Paolis, che in carriera ha istruito oltre 450 procedimenti per crimini di guerra durante il secondo conflitto mondiale, è il pubblico ministero; mentre Giorgio Sacerdoti, avvocato cassazionista, professore emerito di diritto internazionale alla Bocconi e presidente della Fondazione Cdec di Milano, rappresenta la parte civile e nei panni del re troviamo Umberto Ambrosoli, avvocato penalista, editorialista e saggista e già Consigliere regionale della Lombardia.
“Questa è una serata dedicata alla Memoria” sottolinea la Presidente UCEI Noemi Di Segni. “La Memoria di un popolo che si è sempre sentito parte di un Paese, la Memoria di un Paese e delle sue istituzioni; Memoria di una patria, bandiera e identità collettiva”. Le vicende evolutive o involutive di questi legami, aggiunge Di Segni, “sono trascritte e sigillate in alcuni fondamentali testi legislativi ai quali dedichiamo questa particolare rappresentazione teatrale”. Perché le parole, i termini, le virgole, come insegnano i giuristi e i giudici, “hanno un significato ben preciso”.
Nello spettacolo si scava a fondo, ricostruendo le premesse delle Leggi e il clima di quella particolare stagione politica. E in particolare la pagina dell’indifferenza e della complicità che fu tra gli altri scritta proprio da Vittorio Emanuele III. E insieme a lui dai tanti cittadini italiani, a tutti i livelli, che abbandonarono gli ebrei al loro destino.
L’attacco è in musica, con l’esecuzione di alcuni brani inediti del compositore Mario Castelnuovo-Tedesco, che per via delle Leggi fu costretto a lasciare l’Italia, interpretati dal violino di Francesca Dego e dal pianoforte di Francesca Leonardi.
Si entra poi nel vivo del processo e come in ogni processo che si rispetti la parola passa ai testimoni. Per l’accusa Carla Perugia Della Rocca, Piera Levi Montalcini, Anita Garibaldi, Federico Carli, Morgane Kendregan. Ciascuno, nel proprio vissuto familiare, porta una ferita e una lacerazione. Ma anche la reazione, minoritaria ma significativa, di quella parte di paese che disse no. Lorenzo Del Boca, già presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italia e per tre mandati consecutivi dell’Ordine dei Giornalisti, e l’ex ministro ed ex presidente Istat Enrico Giovannini illustrano invece il quadro storico ed economico e le conseguenze cui tali Leggi portarono. Una negazione dei diritti fondamentali, che fu premessa alla Shoah; ma anche la fuga di tanti cervelli che scelsero di abbandonare il paese e che, altrove, avrebbero conseguito risultati straordinari in molteplici campi.
Testimoni della difesa sono invece Matias Manco, avvocato penalista, e Giovanni Rucellai, avvocato del Foro di Milano, che descrivono un re sempre più ai margini mentre l’asse nazifascista andava rafforzandosi. La mancata firma delle Leggi, sostengono, avrebbe comportato la definitiva esautorazione del rappresentante di casa Savoia e un imminente colpo di Stato con Hitler in pieno controllo dell’Italia, insieme all’alleato Duce, già dal 1938. Ed è a questo che si appella Ambrosoli-Vittorio Emanuele III, convinto nella sua rivendicazione di aver evitato una guerra civile e di aver scelto “il male minore”.
Ma, come dice Hannah Arendt e come ricorda la Corte nella sua sentenza, chi sceglie il male minore “dimentica rapidamente di aver scelto a favore di un male”.
C’è ancora spazio per un’ultima riflessione, del giornalista Maurizio Molinari. Perché la vergogna perpetuò i suoi effetti a lungo, come nel caso di quei solerti funzionari pubblici e baroni universitari che, nell’Italia democratica e repubblicana, ostacolarono in tutti i modi il rientro dei docenti e dirigenti ebrei cacciati nel ’38. E c’è vergogna anche in numerose vicende di esecutori del razzismo fascista che in quell’Italia democratica e repubblicana non solo furono reintegrati ma addirittura arrivarono a tenere le redini del suo diritto. Come nel caso di Gaetano Azzariti, già presidente del Tribunale della Razza, che dal 1957 al 1961 fu presidente della Corte costituzionale.
Cala il sipario, ma non prima di un saluto corale. Sul palco gli interpreti del processo, gli artisti, la voce narrante Marco Baliani, il regista Angelo Bucarelli, le autrici Viviana Kasam e Marilena Citelli Francese, la curatrice della parte legale Elisa Greco.
E in agenda un appuntamento da segnare: Il processo sarà infatti trasmesso dai Rai Storia il prossimo 27 gennaio alle 21.15, all’interno di un documentario realizzato da Bruna Bertani.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(19 gennaio 2018)