MUSICA In fuga dalla Shoah verso Hollywood
Angelo Gilardino / MARIO CASTELNUOVO-TEDESCO. UN FIORENTINO A BEVERLY HILLS / Edizioni Curci
Questa volta sì, forse avrebbe accettato di tornare in Italia. Mario Castelnuovo-Tedesco, compositore fiorentino di origine ebraica, colpito dalle leggi razziali, emigrò negli Stati Uniti nel 1939; e, anche a guerra conclusa, ricusò tutti gli inviti a stabilirsi di nuovo in patria. Ma ora, a cinquant’anni dalla sua scomparsa, a Montecitorio, mercoledì 24 gennaio, si tiene un concerto «ufficiale» per la presentazione della sua nuova biografia edita da Curvi e firmata da Angelo Gilardino, Mario Castelnuovo-Tedesco. Un fiorentino a Beverly Hills, in uscita ai primi di febbraio. Un riconoscimento che l’Italia gli doveva. Dimenticate per decenni, la musica e la figura di Castelnuovo-Tedesco conoscono oggi una renaissance. Merito anche della nipote Diana, che da New York si prodiga per la diffusione dell’opera del nonno. «Presto — confida a “la Lettura” — avremo anche un sito Internet, mariocastelnuovotedesco.com, per aiutare studiosi e musicisti a trovare informazioni, spartiti, manoscritti»: l’archivio del maestro, 7 mila documenti, si trova ora, infatti, alla Library of Congress di Washington. «Mio nonno si affezionò, sì, all’America, alla California — prosegue Diana Castelnuovo-Tedesco —ma rimase innamorato della sua Toscana. L’Italia era sempre nei suoi pensieri e nella sua musica. Io lo ricordo così: felice solo quando poteva lavorare, al pianoforte o al tavolo degli abbozzi. Come nonno? Non era di quelli che giocano con i nipotini, ma era felicissimo quando gli facevamo visita». Che cosa rende attuale la sua musica? L’eleganza, la facondia, figlia di una straordinaria facilità di scrittura. E una particolare «fedeltà»: il compositore, lontano dalle avanguardie, «non ha mai voluto cambiare il proprio stile — conclude la nipote — né ha cercato di essere “alla moda”. Ha continuato a comporre, fedele alla propria bussola interiore, senza adattarsi vantaggiosamente alle circostanze. Un insegnamento per gli artisti di oggi». Dalla biografia di Gilardino, racconto limpido e mai agiografico, questa fedeltà emerge costante: è un intreccio di innocenza e di tenacia. Tra personaggi illustri e vivaci aneddoti, rivive qui tutto uno spaccato di storia europea. Ecco il giovane compositore alla scuola di Ildebrando Pizzetti: stimatissimo dal maestro, eppure capace di auto-imporsi un intero anno di esercizi, una fuga al giorno, pur di passare a pieni voti l’esame finale; eccolo, testardo, «non» accettare un consiglio di Puccini; eccolo ammirato da Toscanini, che quasi ordina al sommo violinista Jascha Heifetz di studiare al volo il suo concerto I Profeti. Scorrono nel racconto gli incontri con Papini, Prezzolini o Pirandello, con Kodály, Ravel o De Falla; la «spedizione» da d’Annunzio insieme al Quartetto Poltronieri, l’amicizia con Segovia, l’estate in Alto Adige passata (anche) a fare marmellate con il violoncellista Piatigorsky. Senza livore, scorrono gli abbandoni e i tradimenti, all’incombere dei «ciechi tempi», come il voltafaccia fascista di Casella; ma anche la coerenza con cui Castelnuovo Tedesco si impunta a ottenere per vie legali, senza abbassarsi a fuggire, un regolare permesso di espatrio. Per andarsene dall’Italia a testa alta. Toccante il ricordo del pianista Gieseking che, prima suo sostenitore, a un certo punto, nella Germania nazista, smette di suonare musica proibita. Castelnuovo Tedesco gli spedisce ugualmente un suo nuovo spartito. Gieseking risponde, incurante della censura. All’arrivo del plico era al pianoforte: «Stavo suonando per il mio piacere i suoi Tre corali su melodie ebraiche, che trovo ancora magnifico. Altri, grandi, lo sostengono a viso aperto: Toscanini, Marinuzzi, e ancora Heifetz, che gli procura il lavoro alla Metro Goldwyn Mawr. Nuova vita, negli States. Castelnuovo-Tedesco scrive musica da film come ghost writer lo chiamano perle «scene difficili», quelle che gli altri non riescono a musicare, fino a 200 all’anno. Anzi, visto che è veloce, gli fanno comporre anche scene-tipo: per film ancora non scritti…
Gian Mario Benzing, Corriere La Lettura, 21 gennaio 2018