Shir Shishi – Hanna Szenes, una storia di coraggio nel buio del mondo
Nel ’43 gli inglesi sapevano che il piccolo gruppo di paracadutisti dell’Yeshuv, appartenenti ai corpi speciali della Brigata ebraica, andava verso una morte sicura. I nazisti stavano chiudendo i conti con il resto dell’ebraismo europeo, cancellando i ghetti e deportando, nonostante le sconfitte subite in Unione Sovietica, gli ungheresi di religione mosaica, figli del grande illuminista e primo sionista, Theodor Herzl.
Hanna, chiamata dai genitori, Anikò, nacque a Budapest nel 1921, in una casa borghese e agiata; suo padre Béla Szenes, un noto poeta e drammaturgo, morì quando lei ebbe solo tredici anni. Con le prime manifestazioni di razzismo e antisemitismo in Ungheria, la giovane inizia studiare ebraico e partecipa all’attività sionista, decidendo di lasciare l’Europa e iniziare una nuova vita in un insediamento agricolo in Terra di Israele. Parte a diciotto anni e studia agricoltura con la mitica Hanna Meizel, la maestra della poetessa Rachel Bluwstiein. Pratica la vita di pioniera e contadina nel moshav Nahalal nella Valle di Izra’el e come le altre ragazze, zappa la terra, lava i panni, piega senza entusiasmo la biancheria del collettivo e sente la frustrazione crescere dentro di lei. Era colta mentre intorno, come testimonia lo scrittore Aharon Meged, allora membro del kibbutz Sdot Yam, la gente era in immersa in faccende quotidiane e nelle discussioni politiche. La guerra, per molti dell’yeshuv, era un fattore lontano, poco percepibile e solo dopo la battaglia di El Alamein dell’inverno ’42, la paura diventa tangibile e le notizie della Shoah filtrano sempre più insistenti. Hanna è preoccupata per i suoi familiari e quando la reclutano con Enzo Sereni e altri pochi scelti tra le file della Brigata ebraica, si sente finalmente realizzata. Desidera partire e raggiungere il suo paese natale per avvertire gli ebrei del destino terribile che li attende.
Prima di partire gli emissari, i paracadutisti, incontrano Ben Gurion che si dimostra particolarmente taciturno, Golda Meir, scoppia in lacrime e i comandanti inglesi parlano di un’azione simbolica. Nessuno dei paracadutisti si salverà, Enzo Sereni sparisce a Dachau, Hanna viene catturata, torturata e processata nel novembre 1944 dagli stessi ungheresi fascisti. Non tradisce i suoi amici, non consegna nessun nome e viene giustiziata all’età di ventitré anni. La Szenez non è solo un’eroina ebrea della resistenza ebraica, un capro espiatorio per le forze britanniche refrattarie alla disperata ricerca dei giovani ebrei della Palestina di partecipare allo sforzo bellico, ma e anche una giovane donna, colta e sola che dà senso alla propria vita, andando verso una morte sicura.
Eli, Eli
Mio Dio, mio Dio, fa’ che
non abbiano mai fine la sabbia
e il mare, il sussurro dell’acqua,
il chiarore del cielo,
la preghiera dell’uomo.
Canta Netanela, musica di David Zehavi,
tps://www.youtube.com/watch?v=v9s1iRut6YA
Sarah Kaminski, Università di Torino