Antisemitismo, le radici dell’odio
Si è conclusa con una lezione dell’assessore UCEI alla Cultura David Meghnagi al Palazzo della Gran Guardia un intenso mese di attività sulla Memoria coordinate dall’associazione veronese figli della Shoah presieduta dal Consigliere UCEI Roberto Israel insieme alla Comunità ebraica locale (di cui pure è Consigliere).
Nell’occasione, spiega Francesca Guerra dell’associazione, l’intervento dell’assessore UCEI è stato concentrato sul rapporto tra cultura araba ed ebraismo per cogliere le radici dell’antisemitismo anche in quel mondo. Passando in rassegna alcune testimonianze iconografiche, Meghnagi ha spiegato come l’immagine dell’ebreo nel mondo cristiano (dal Medioevo) “abbia suggerito la pubblicistica diffusasi in tempi più recenti nel mondo islamico”. Evidente, ha spiegato, è apparso il “salto di qualità” che emerge nell’immaginario collettivo dopo la bruciante sconfitta del mondo arabo nel 1967: dall’ebreo grasso, brutto, col naso adunco si passa così “all’ebreo-Satana, male assoluto, che divora con la sua fame insaziabile qualsiasi processo di pace”.
Tale ostilità, sorta fin dalla prima fase espansionistica araba – ha proseguito Meghnagi – non sarà facilmente modificabile. E questo anche in ragione della impossibilità di una interpretazione del Corano. Solo una trasformazione endogena, non sotto spinte dall’esterno – la sua riflessione – “potrà modificare il rapporto che il mondo arabo instaurerà con le minoranze con cui entra in contatto”.
Dopo la riflessione Galia Catav, esponente dell’associazione, ha ricostruito la vicenda dei suoi genitori, ebrei abitanti a Baghdad, fuggiti fortunosamente in Israele dall’Iraq dopo il Farhud, il pogrom scoppiato nel 1941, quando il mondo arabo in piena seconda guerra mondiale scelse di schierarsi decisamente a fianco dei nazisti.
(31 gennaio 2018)