JCiak – Un selfie con il Duce
“Quegli occhi… non si dimenticano! Anche allora la gente rideva, anche allora credevano fosse solo un comico”. Davanti all’uomo in divisa, nonna Lea (Ariella Reggio) cede allo sgomento e dà voce all’orrore del passato. Le sue parole, che evocano le leggi razziali e la persecuzione nazifascista, segnano uno dei passaggi più intensi della commedia Sono tornato di Luca Miniero, con Massimo Popolizio, da domani al cinema. Tratto dal tedesco Lui è tornato (2015) di David Wnendt, che metteva in scena l’improbabile ritorno di Hitler come attore televisivo, il film vede Benito Mussolini riapparire a Roma con la divisa sporca e il volto tumefatto. Ciò che segue è la cronaca di un viaggio nella rabbia e nelle abitudini dell’Italia di oggi, fra luoghi comuni e inquietanti tentazioni totalitarie.
Luca Miniero riprende l’espediente narrativo del film di Wnendt e immagina Mussolini materializzarsi nello scenario multiculturale di piazza Vittorio fra passanti che lo ignorano pensando sia l’ennesima attrazione per turisti. La via d’uscita gli arriva da un giovane documentarista (Frank Matano) che, credendolo un comico, gli propone di diventare il protagonista del suo nuovo lavoro. I due partono per un giro d’Italia che, fra ospitate televisive e incontri, renderà Mussolini sempre più famoso fino a convincerlo che è arrivato il momento di riconquistare le masse.
Perché le reazioni alla vista di Mussolini siano spontanee, Miniero gira con una telecamera nascosta e mette gli intervistati al corrente del film solo alla fine. Il risultato dà da pensare. Le domande del duce sul regime mettono in luce un’area di consenso non indifferente e rivelano una rabbia diffusa, concentrata sui politici più che sugli extracomunitari, considerati per lo più capri espiatori.
Il risultato è il ritratto di un’Italia dove, dice il regista, negli ultimi anni “si è diffuso un forte sentimento populista e grosse fette del Paese manifestano il desiderio di un uomo d’ordine”. Siamo in un clima molto diverso da quello registrato davanti all’ipotesi di un ritorno di Hitler.
“La Germania ha un atteggiamento di rifiuto più netto, è come se parlassi del demonio”, spiega Miniero in un’intervista a Repubblica. “Da noi c’è un approccio, anche se non da parte di tutti, più bonario nei confronti del fascismo. Come se pensassero che se Mussolini non si fosse alleato con Hitler le cose non sarebbero andate come sono andate”.
Sono i soliti luoghi comuni. Ma a moltiplicarli e renderli potenzialmente esplosivi – come il Duce reale non avrebbe nemmeno osato immaginare – sono i social media che il Mussolini del film presto maneggia con abilità.
In chiave di commedia, Sono tornato prospetta un presente che stenta a scrollarsi di dosso il passato. “Eravate un popolo di analfabeti, dopo ottant’anni torno e vi ritrovo un popolo di analfabeti”, esclama il protagonista. Come se niente fosse cambiato.
A contrastare la tentazione di tornare indietro, fra ragazzi in scooter che levano il braccio nel saluto romano, chi sogna una dittatura “però libera” e chi non sta nella pelle alla prospettiva di farsi un selfie con Mussolini, rimane, pesante come un macigno, l’ammonizione di nonna Lea. “Anche allora la gente rideva, anche allora credevano fosse solo un comico”.
Daniela Gross