Qui Torino – Le valigie del nonsense
“Resilienza e Shoah, ridere per sopravvivere”. Questo il filo conduttore della mostra Le valigie del nonsense, inaugurata a Torino negli spazi del Polo del ‘900. Al progetto hanno preso parte l’Istituto di studi storici Gaetano Salvemini in collaborazione con la Comunità ebraica, il Gruppo di Studi Ebraici e il Laboratorio Baires.
L’installazione, ad opera dell’artista Thierry Forte, è costituita da pile di vecchie valigie consumate, un oggetto che rievoca la memoria del passato e richiama l’attenzione sul presente: ieri come oggi le valigie rappresentano viaggi della speranza, fughe in cerca di salvezza. Le valigie del nonsense sono invece quelle che non sono servite: nessun richiamo alle migrazioni, ma bensì alle deportazioni, e le valigie non erano che un triste inganno. Tuttavia questo progetto, già ospitato a Madrid e in Belgio, vuole offrire al visitatore un qualcosa di diverso, ma fortemente ancorato al tema della memoria e della storia ebraica: “L’idea di questa installazione”, parole dell’artista, “è di riunire in un solo spazio-oggetto più di 300 storie e barzellette ebraiche in sei lingue diverse raccolte in IPad inseriti all’interno delle valige del nonsenso”. Ed ecco che forme di resilienza e di resistenza si manifestano anche nello humor.
Alla presentazione della mostra sono intervenuti il vice presidente dell’Istituto Salvemini, Marco Brunazzi, il presidente della Comunità ebraica Dario Disegni, il rabbino capo Ariel Di Porto, la presidente del Gruppo di Studi Ebraici Bruna Laudi e Sarah Kaminski in quanto curatrice della mostra. “Il riso è una facoltà propria degli uomini”, ha ricordato Marco Brunazzi. “Uno degli scopi della Shoah era di togliere le sembianze umane alle sue vittime, quindi pensare al riso come a una forma di resistenza nei lager è visto come uno spiraglio umano, una sfida alla tragedia”. A seguire le parole di Dario Disegni, che ha invece fatto un richiamo agli ultimi fatti di cronaca, che vedono di nuovo al centro le intolleranze nei confronti dei diversi. È poi Bruna Laudi a soffermarsi sul titolo della mostra: “Alle valigie del nonsense va associato un significato più vasto”, spiega. “Sono le valigie dei deportati che non sarebbero mai state utilizzate, ma nonsense erano gli stessi viaggi, un viaggio a cui seguiva la morte”. La parola poi a rav Di Porto, che ha definito l’iniziativa molto interessante e allo stesso tempo molto coraggiosa: “Il tema del riso è legato al racconto della Memoria, il riso come ragione di vita dopo la spoliazione fisica a partire proprio dagli effetti personali e poi psicologica”. Infine la curatrice della mostra, Sarah Kaminski, ha parlato di questa mostra come di un progetto sopra le righe: usare lo humor come chiave di lettura, un modo di rielaborare la Memoria. L’inaugurazione si è conclusa con lo spettacolo di danza “Amor Portento”: in scena uomini e donne che danzano scandendo il tempo proprio con delle vecchie valigie, le valige di chi è costretto a spostarsi: le tengono tra le mani, le poggiano a terra, le fanno roteare sulle proprie teste. Una performance artistica che vuole richiamare il tema delle migrazioni, storie di partenze, ma anche di nuovi inizi, di legami spezzati e di nuovi incontri.
Alice Fubini
(6 febbraio 2018)