decisioni…

“Non seguire la maggioranza per fare il male, né fare testimonianza in una causa appoggiandoti alla maggioranza che secondo te pronuncia un giudizio ingiusto, così da torcere il diritto” (Esodo23,2)
La complessità di questo versetto ha dato luogo ad un insieme di interpretazioni che affermano principi anche opposti fra loro.
Il Talmud, riferendosi in modo specifico alle ultime parole di questo versetto, che possono essere lette in questo modo: “Volgere secondo la maggioranza” – così sentenzia: “Di qui si impara che vige il criterio della maggioranza” (Talmud B. Chullin 11a)
Rashì, nel contesto di un più ampio commento al passo in oggetto spiega: “Se ti accorgi che dei malvagi distorcono il diritto, non dire – dal momento che sono la maggioranza li seguo – se ti interrogano su quella questione, non rispondere assecondando l’opinione che ritieni sbagliata, bensì esprimi quello che ritieni sia giusto e se prendono una decisione diversa, che se ne assumano loro la responsabilità”.
Maimonide sentenzia (Norme sul Sinedrio 10,1): “Uno dei giudici che presiedono ad un processo di sentenze capitali che esprima giudizio di assoluzione o di colpevolezza non sulla base della propria opinione personale ma semplicemente perché segue il parere di un collega, trasgredisce al precetto di non distorcere il giudizio. Dalla tradizione si impara che (in generale) è proibito dire al momento della decisione ‘Mi limito a pronunciarmi come il tale dei miei colleghi, bensì occorre esprimersi chiaramente e personalmente'”.
Confrontando la comprensione letterale di questo passo della Torah insieme ad alcune interpretazioni del Talmud e dei Maestri, riceviamo un insieme di insegnamenti sulle modalità di comportamento da seguire quando ci si trova a dovere prendere delle decisioni, tanto che si tratti di ambito giudiziario quanto nel contesto sociale, per una singola persona o in una collettività che si interroghi sulle proprie linee di azione. L’insegnamento del Talmud stabilisce il principio generale che prevede di seguire l’opinione della maggioranza nel prendere le decisioni; è questo sostanzialmente il metodo democratico, cioè il criterio che vige nel diritto ebraico nelle decisioni di carattere normativo, nei tribunali rabbinici, nelle procedure amministrative delle Comunità ebraiche e, non a caso, nella vita politica e istituzionale dello Stato d’Israele. Tuttavia, al tempo stesso, la Torà stabilisce che il principio della maggioranza non può costituire un criterio unico e assoluto di giudizio: è sempre necessario verificare la validità delle opinioni espresse dalla maggioranza al fine di non renderci eventualmente complici di malvagi, in ogni caso è dovere esprimere liberamente e personalmente il proprio parere, senza timore di ritrovarsi in minoranza e persino senza riguardi nei confronti di alcuna autorità.
Anche sulla base di quanto ci insegna la storia, quella ebraica e quella delle nazioni, dobbiamo ricorrere alla nostra coscienza, alla nostra sensibilità e non meno al consiglio che ci può giungere dall’Alto, – “Siatà di-Shmayà” – per distinguere le situazioni in cui occorre seguire la maggioranza – o al contrario prenderne le distanze – per comprendere quando il distinguersi di una minoranza possa mettere a repentaglio la necessità di condividere valori e decisioni importanti o al contrario sia utile per mettere fuoco il rischio di decisioni sbagliate e gravemente rischiose; quando l’assumere una posizione distinta dalla maggioranza possa indebolire un’azione rivolta a tutelare principi fondamentali per l’intera collettività e quando invece possa riportare l’attenzione verso azioni o valori trascurati.

Giuseppe Momigliano, rabbino

(7 febbraio 2018)