Ticketless – Moli audaci
Ritorno sul tema della scorsa settimana: dalle risposte che ho ricevuto temo di non essere stato chiaro e per questo mi scuso. Cercavo di mettere a fuoco un problema che sarà centrale nel 2018. Che cosa si leggerà in occasione del compleanno, 70 anni, dello Stato d’Israele? Confesso che la ricorrenza mi appassiona più dell’altra, gli 80 anni del 1938. Per questa seconda scadenza vedo in giro soltanto il ritorno del già noto, del già detto, del già ripetuto: il pericolo è, se mai, l’effetto saturazione. Per Israele la partita è nuova. Commentando la quarta di copertina di un libro appena uscito, paventavo il rischio di un insidioso anacronismo: la retrodatazione al 1948 della natura “brutale” di Israele. Dopo il 1967 la questione è aperta, ci mancherebbe altro. Sono il primo a dare un giudizio severo e a desiderare che questo giudizio venga discusso in sede storiografica, ma prima del 1967 quella definizione mi sembra ingenerosa verso chi si è schierato in prima persona. Ricordavo Corrado Vivanti, in quanto storico (partito nel 1950 e non nel 1948 come ho scritto: anche di questa imprecisione mi scuso). Vivanti fu a lungo responsabile della collana di saggi storici di Einaudi. Avrei comunque potuto e dovuto fare altri nomi di intellettuali che poi cambieranno parere su Israele, ma non parlavano di brutalità in anticipo sui tempi. Tony Judt: la sua autobiografia è interessante per l’esperienza personale in un kibbutz. Soprattutto, Fortini, di cui sempre si ricordano i Cani del Sinai, ma pochi conoscono la sua cronaca da La Spezia e il pathos con cui descrive le partenze delle navi verso Sion di quei “bambini di Moshe”. Fortini lasciava trapelare in quelle pagine un desiderio nemmeno tanto nascosto di volerci salire pure lui su una di quelle navi di Moshe. Certo, le cose cambieranno con il trascorrere dei decenni, ma fra 1947 e 1950 la percezione era un’altra lungo i moli italiani che accoglievano i superstiti di Auschwitz.
A proposito di moli e porti d’Italia approfitto dell’occasione per segnalare, che nel catalogo della stessa casa editrice, è appena uscita una nuova edizione dell’autobiografia di Gershom Scholem, “Da Berlino a Gerusalemme”. Impeccabile in tutto e per tutto. Anche nella quarta di copertina. Direi senza esitare che si tratta della iniziativa editoriale migliore per il 27 gennaio scorso. Ritorna finalmente in un libro che contiene pagine dove si descrive una suggestiva passeggiata del futuro fondatore dell’Università di Gerusalemme sul Molo Audace a Trieste. Siamo una ventina abbondante di anni prima del 1948. Siamo nel 1922, Svevo stava iniziando a scrivere “La coscienza di Zeno” e su quel molo avrebbe potuto in quei giorni passeggiare pure lui.
Alberto Cavaglion