Società – Il Tempo di Liliana

“Dillo che c’ho 87 anni, le vecchiette vanno presentate”, così ha esordito la neoeletta senatrice a vita Liliana Segre, ospite del salotto di Fazio. Il 19 gennaio il Presidente della Repubblica Mattarella le ha telefonato per darle la notizia della nomina e lei non ha perso la calma («Ero in un negozio, ho chiesto una sedia»), né il piglio tipico («Grazie infinite, ma un minimo di preparazione l’avrei gradita…»). Sopravvissuta all’Olocausto, Liliana ha passato la vita a testimoniare le incredibili atrocità subite, descrivendole nei libri, ma soprattutto raccontandole a voce, in particolare agli studenti. Un impegno indefesso che ha dedicato a una persona: suo padre, con cui nel 1944 venne deportata al campo di Auschwitz-Birkenau. È nel ricordo di questo legame, sublime e cristallino, ma anche tenero e sanguigno, che Liliana dona a tutti noi – bypassando, per una volta, i modi affettati di Fazio, quella cortesia sempre esibita, spazzata via da una presenza tanto forte e luminosa – un momento di rara bellezza e valore: alle sue spalle compare il ritratto di famiglia, «Lo vede, mio papà era bellissimo, stupendo» – ed è proprio così, trovate la foto anche sulla pagina Wildpedia della Segre -, e Liliana comincia a tratteggiare la sensibilità di quest’uomo che le ha fatto da babbo e da mamma (la madre mori quando lei era ancora in fasce), e che, all’apice della disperazione per l’orrore in atto, era arrivato a chiederle scusa «per averla messa al mondo». E lei gli aveva risposto «sono contenta di essere qui con te». Un regalo, quello di Liliana, una vera e propria lezione” – termine spesso usato a sproposito, per nobilitare facezie e nequizie – di umanità e di amore che buca lo schermo e colpisce in profondità, costringendoci ad ascoltare e guardare da vicino la storia di una delle tante persone «arrestate perla colpa di esser nate».

Asif, Il Sole 24 Ore Domenica, 4 febbraio 2018