Oltremare – Trasporti

fubiniA Tel Aviv, si sa, meglio usare i piedi (a terra, o montati su di una bicicletta o altro veicolo a due ruote), o il trasporto pubblico, abbondante e frequente, e lasciare la macchina in un parcheggio, possibilmente fuori dalla città. Quello che non è chiaro però, nell’idillio di noi telavivesi sprovvisti di motore, è come mai il genio tecnologico altrimenti impiegato ad altissimi livelli in tutto il Gush Dan dentro alle innumerevoli hi-tech, non sia stato applicato anche alla distribuzione delle linee degli autobus in città e fuori. Tel Aviv ha una forma allungata con una serie di strade parallele al mare e una di strade a lui perpendicolari, che formano una griglia abbastanza ordinata. Eppure gli autobus, invece di andare da est a ovest a tutte le altezze fra Bat Yam e Herzlyia e da nord a sud dal mare fino all’interno, permettendo ai viaggiatori di saltare da un bus all’altro come la torre negli scacchi, tendono invece ad avere itinerari zigzaganti, per lo più ripetitivi, che creano ingorghi nel centro, dove alla stessa fermata possono fermare fino a dieci autobus diversi. Ma gli abitanti di Tel Aviv non si scompongono. Aspettano anche troppo pazientemente il giorno in cui anche loro come i parenti della capitale avranno una metropolitana leggera che manda in tilt il traffico, e allora potranno lamentarsi ampiamente e con ragione, e intanto sfrecciano velocissimi al manubrio delle loro bici elettriche seminando il panico fra i pedoni, facendo cappottare passeggini, terrorizzando cani. Nella patria delle hi-tech, in certi ambiti ancora il progresso può attendere.

Daniela Fubini, Tel Aviv

(12 febbraio 2018)