“Dialogo, un percorso comune”
Ventinovesima Giornata della riflessione e del dialogo ebraico-cristiano. Un’occasione d’incontro ma soprattutto di studio che si ripete ogni anno, su tematiche diverse. Con il 2017 ha preso il via lo studio dei testi delle meghillot, così sulla scia del testo di Ruth si è passati quest’anno alla meghillat Ekhah, conosciuta anche come il Libro delle lamentazioni.
Ad aprire la sessione di studi torinese, tenuta dal rabbino capo rav Ariel Di Porto, i saluti del presidente della Comunità ebraica Dario Disegni, dell’arcivescovo Cesare Nosiglia, del presidente dell’Amicizia Ebraico-Cristiana, il pastore Francesco Mosca e della presidente della Commissione Evangelica per l’Ecumenismo, nonché rappresentante della Comunità Valdese, la predicatrice Eugenia Ferreri.
Il Libro delle lamentazioni che narra della disperazione del popolo ebraico per la distruzione di Gerusalemme e del suo Tempio, ricorda Dario Disegni, dà conto del profondo legame che la tradizione ebraica ha con la sua memoria storica. Ma è anche un testo che invita a riflettere sul presente, ha sottolineato monsignor Nosiglia, segnato da forme antiche e nuove di distruzione e sgretolamento dei rapporti umani; questa giornata si configura quindi come un invito a riflettere sui drammi dell’oggi. È poi il pastore Mosca a prendere la parola e lo fa ricordando un documento sconosciuto ai più, ma fondamentale per la continua crescita del dialogo interreligioso: si tratta dei Dieci punti di Seelisberg, un documento stilato nel 1947, alla fine del convegno dell’International Council of Christianas and Jews, riunitosi per una Conferenza internazionale contro l’antisemitismo all’indomani della tragedia della Shoah. La predicatrice Ferreri ha poi definito questi incontri occasioni preziose dove scambiarsi opinioni e riflettere sui tempi “incongruenti” dell’oggi. Infine la parola a Rav Di Porto che ha introdotto al pubblico la meghillat Ekhah, un testo fondamentale perché mette in luce alcuni dei principi fondanti dell’Ebraismo che hanno segnato e continuano a segnare la vita e la sopravvivenza del popolo ebraico: “Il rifiuto di dimenticare è uno dei segreti della sopravvivenza del popolo ebraico, fatto che sfida le grandi leggi della storia”, ha sottolineato il rav. Il testo, che si presenta come un lamento per la distruzione di Gerusalemme e del suo Santuario, centro religioso e culturale, mette anche in luce la capacità intrinseca degli ebrei di cambiare il proprio baricentro, reinventandosi anche dopo una tragedia, se così non fosse stato il popolo ebraico con molta probabilità non sarebbe sopravvissuto. I fatti narrati all’interno della meghillat si sono tradotti nel digiuno del 9 di Av, che ogni anno si ripete; questo mette in luce un altro aspetto fondamentale: il fatto che il lettore non può non essere parte del processo creativo, un processo che ha un risvolto pratico nel digiuno e un risvolto ideale, in quanto, ha ricordato il rav, “il confronto con il nostro passato è un processo profondamente dialogico”.
Alice Fubini
(14 febbraio 2018)