Primo Levi, sacro e profano

20180218_171301Un incontro che ha reso onore a “un dantista che amava salmodiare e un salmodista che amava danteggiare” nella bella e originale definizione data dallo storico Alberto Cavaglion. La figura a cui rendere onore era il grande intellettuale torinese e Testimone della Shoah Primo Levi, al centro della tradizionale lezione – Fioca e un po’ profana, il titolo di quest’anno – a lui dedicata e tenuta dallo stesso Cavaglion e della studiosa Paola Valabrega ieri al Memoriale della Shoah di Milano. Un appuntamento organizzato dall’Associazione Figli della Shoah e introdotto dal direttore del Centro Primo Levi di Torino Fabio Levi, che ha ricordato come questa lezione – tenutasi per la prima volta nell’autunno scorso – sarà come accaduto in passato pubblicata da Einaudi e presentata al Salone del Libro di Torino nel maggio prossimo.
Tre i luoghi principali dove risuona la voce “fioca e un po’ profana” del sacro in Primo Levi: l’inizio e la fine del capitolo Il canto di Ulisse in Se questo è un uomo e – nella sua interezza – il racconto Carbonio nel Sistema periodico. O ancora quando Levi si confronta con la Scrittura biblica e, in generale, con le tradizioni del popolo ebraico. Fioca, spiega Cavaglion, per Levi significa difficile da ascoltare, non semplice da decifrare. Profano, invece, attribuito allo scrittore – che più volte la usa nei suoi testi – rappresenta l’atteggiamento dello stesso Levi nei confronti della religione: “colui che si attesta alle soglie del Tempio per ascoltare la voce del sacro ma non ha la forza di entrarvi”, sottolinea lo storico.