Varsavia, i volti della Memoria
Venticinque ritratti a carboncino eseguiti sulla base delle fotografie e dei filmati d’archivio, ripresi dai tedeschi nel ghetto di Varsavia alla vigilia della deportazione della popolazione verso il campo di sterminio di Treblinka. E un ritratto a colori che mostra una bambina curda appartenente alla minoranza religiosa yazida brutalmente perseguitata dallo Stato Islamico, come monito per non abbassare la guardia nei confronti delle vessazioni compiute contro i civili.
Inaugurata a Rende, presso il locale Museo del Presente, la mostra multimediale “Ci guardano” dell’artista polacca-francese Zofia Lipecka. Un’iniziativa che parte dall’assessore alla Cultura del comune calabrese Marta Petrusewicz ed è curata da Roberto Sottile con l’obiettivo di stimolare una riflessione sul senso della Memoria attraverso l’arte. “Sapevo da tempo che un giorno avrei disegnato i loro visi. Ma qualcosa me lo impediva: avevo diritto di farlo? Non sarebbe una ripetizione del voyerismo dei tedeschi che hanno scattato quelle fotografie? Non significherebbe accettare il punto di vista del carnefice? L’album delle fotografie del ghetto di Varsavia mi ha sempre accompagnata. Lo sfogliavo, scrutinavo, chiedendomi come approcciarmi a queste immagini, come scegliere, inquadrare” ha spiegato l’artista, moglie del regista e scrittore Aleksander Edelman (figlio di Marek, tra i comandanti dell’insurrezione del Ghetto). “Ho cominciato a disegnare le rovine del ghetto, a carboncino. Mi sono presto resa conto, però, che era un modo per evitare i volti. E così – ha poi aggiunto – tutto divenne chiaro: dovevo disegnarli”.
La mostra, visitabile fino al 10 marzo, è integrata con un video che riporta la testimonianza della deportazione a Treblinka del 1942 di uno dei pochissimi sopravvissuti, Jankiel Wiernik, in occasione del sessantottesimo anniversario dell’evento.
Puntuali le riflessioni di Wlodek Goldkorn, che firma la prefazione del catalogo: “Gli occhi dei ragazzi e delle ragazze, delle persone ritratte nelle foto, rielaborate da Lipecka, ci parlano, come se fossero gli occhi delle persone vive, dei vicini della porta accanto. Ci raccontano le loro vite e ci chiedono delle nostre vite, di che cosa facciamo delle nostre esistenze, di come stiamo al mondo e da quale parte ci schieriamo quando nel mondo, quello di oggi, le due sole cose che rischiano di prosperare sono di nuovo l’amore e la morte”. Se per Adorno scrivere poesie dopo Auschwitz era un atto di barbarie, riflette Goldkorn, “le opere di Lipecka sono un atto di Resistenza”.
Sottolinea invece la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, in un messaggio inviato agli organizzatori di cui è stata data lettura stamane nel corso della cerimonia di inaugurazione: “Un impegno di Memoria viva nel vero senso del termine: i volti del Ghetto di Varsavia, dove il mostro nazista si distinse per crudeltà e organizzazione scientifica del Male. E i volti degli eroi che, sotto la guida di uomini straordinari, scrissero pagine di coraggio indimenticabili. La loro storia, la loro abnegazione, il loro amore per la vita, non saranno mai dimenticati”.
Ad intervenire tra gli altri, a nome dell’UCEI e della Comunità ebraica napoletana, il referente di zona Roque Pugliese.
(22 febbraio 2018)