comunità…
Non è bene che l’uomo stia solo. (Genesi 2, 18)
Non è bene (per lui e per tutti) che l’uomo stia solo.
Come si forma una comunità? La risposta è semplice: due individui soli creano una comunità nello stesso modo in cui Dio ha creato il mondo. Qual era lo strumento di creazione di Dio? La parola. La comunicazione. La parola è anche lo strumento con cui l’uomo crea la propria comunità. Dio, dicendo “e sia” che è identico a un atto di riconoscimento dell’esistenza mondo, ha reso possibile l’emergere di un’esistenza accanto a Lui, ha reso possibile per il finito di coesistere con l’Infinito (nonostante che finito + Infinito = Infinito).
Dio, per fare “spazio” per il mondo finito, impiega la middat hatzimtzum, il metodo di auto-contrazione o auto-limitazione. Dio Si ritirò e, impegnandosi in un movimento di auto limitazione a favore dell’altro da Se, concesse “lo spazio vuoto” per il mondo finito. Altrimenti l’altro da Se non avrebbe potuto venire all’esistenza, poiché sarebbe stato
“inghiottito” dall’Infinito.
Quindi, la creazione del mondo così come la creazione della comunità avviene tramite il seguente processo: creazione = riconoscimento = ritiro con un atto di sacrificio.
Lo stesso vale per l’uomo. Se l’uomo solo deve elevarsi dall’esclusività esistenziale alla coesistenza in comunità, allora la prima cosa che deve fare è riconoscere un’altra esistenza rispetto a se stesso attraverso la comunicazione. Colui che è incapace di comunicare con l’altro da se, anche per mezzo della parola, equivale a colui che distrugge la comunità.
Riconoscere l’altro da se come persona significa considerarlo indispensabile, insostituibile, unico a favore della comunità.
La Torah considera umiliazione del prossimo pari all’omicidio. Perché? Perché in questo modo lo si rende solo, fuori dalla comunità.
Paolo Sciunnach, rabbino