Se non sono io per me chi sarà per me?
Alcuni anni fa in una conversazione tra amici ci siamo trovati a discutere su chi sia stato il miglior governante che l’Italia abbia mai avuto in tutta la sua storia. Si badi bene, non il miglior politico: doveva essere qualcuno che avesse effettivamente esercitato il potere; sarebbe stato troppo facile, altrimenti, trovare personalità eccellenti. Dovendo nominare qualcuno che avesse davvero dovuto sporcarsi le mani il gioco si è rivelato difficilissimo. Ricordo, per esempio, che erano stati citati Ottaviano Augusto (che ha eliminato avversari politici e sottomesso con la violenza intere popolazioni, senza contare una bazzecola come il consenso all’assassinio di Cicerone che poco prima era un suo alleato), Lorenzo il Magnifico (anche lui non tenero con gli avversari, e che peraltro non ha neppure governato sull’Italia intera) o Cavour (che ha spedito migliaia di piemontesi nella guerra di Crimea solo per potersi sedere al tavolo delle potenze vincitrici). A confronto con questi personaggi i politici più o meno attuali – che non è il caso di menzionare a due giorni dalle elezioni – si rivelavano forse meno eccezionali ma con un curriculum tutto sommato più digeribile.
Stesso discorso se parliamo di storia ebraica: che cosa avrà dovuto fare Giuseppe come vice-faraone o Mordechai come primo ministro di Persia trovandosi a governare in contesti tutt’altro che democratici? E anche i re di Israele, persino i più grandi di tutti come Davide e Salomone, offrono nella loro biografia esempi tutt’altro che edificanti.
Confesso dunque che fatico un po’ a capire chi afferma, come se fosse una straordinaria novità, che domenica dovrà turarsi il naso. È mai esistita un’epoca in cui si potesse votare con pienissima convinzione e senza il minimo dubbio? Poche decine di anni fa, in tempi talvolta mitizzati, votare significava in fin dei conti dover scegliere tra il colpevole silenzio sui gulag o quello sulle dittature sudamericane. La storia ci dimostra che i governanti perfetti non esistono e non sono mai esistiti. I politici che ammiriamo di più spesso sono quelli che non hanno mai governato e hanno espresso le loro splendide idee solo a parole. E poi ci sono quelli che hanno espresso solo a parole le loro idee aberranti e non sono stati presi sul serio finché non è stato troppo tardi. Esistono politici migliori di altri, e soprattutto esistono politici peggiori di altri, e la storia ci ha insegnato a non sottovalutarli. Anche perché, quando le cose vanno male, noi ebrei siamo quasi sempre i primi ad andarci di mezzo.
Il voto non è una testimonianza delle nostre opinioni, non è un attestato di stima verso persone che riteniamo modelli di perfezione. È un’assunzione di responsabilità di fronte al futuro del paese in cui viviamo. Se non sono io per me chi sarà per me?
Anna Segre