Shir shishi – Avraham Sutzkever, poesie dal ghetto di Vilna
In questi giorni ho letto il libro “Il ghetto di Vilna”, del poeta Avraham Sutzkever, un documento straordinario, realizzato nell’ultimo anno della seconda guerra mondiale, tra Mosca e Vilna e destinato al Libro Nero, a cui contribuirono Vassilij Grossman e Ilya Erenburg. Il Libro Nero vide diverse edizioni e fu censurato dal regime sovietico. L’edizione italiana è uscita solo nel 1999 per Mondadori con il titolo “Libro Nero – Il genocidio nazista nei territori sovietici 1941-1945”.
Il testo di Sutzkever, in yiddish, Fun Vilner geto, è uscito in ebraico nel 1947 e la nuova edizione del 2016, include un’interessante prefazione sulla composizione e le peripezie del testo originale. Sutzkever è il documentarista della fine dell’ebraismo lituano; in modo asciutto e per certi versi sereno, indica i fatti, il coraggio delle donne, madri e partigiane, il dolore per i tanti amici morti, ricorda i Giusti e i collaboratori lituani, non giudica il Judenrat e non si vede assolutamente in veste di eroe della resistenza, anche se con Abba Kobner, un altro grande poeta, portò fuori dal ghetto decine di superstiti passando nelle fogne.
Di Sutzkever, morto a Tel Aviv nel 2010, ho già presentato tempo fa la lirica “Il poeta yiddish”, mentre oggi riporto una poesia allegorica sulla forza della resistenza, ritrovata nel corso della mia ricerca di materiali e traduzioni legati alla tragica ed eroica storia del ghetto, i cui abitanti furono sistematicamente assassinati nelle vicine foreste di Ponar.
Il verme tagliato in due diventa quattro,
ancora un altro taglio e si moltiplicano i quattro,
e tutti questi esseri creati dalla mia mano?
Torna allora il sole nel mio animo cupo
e la speranza rafforza il braccio:
se un vermiciattolo non si arrende alla pala,
tu sei forse meno di un verme?
Resiste la mia ragione,
più forte della paura e del dolore.
Resiste la mia intelligenza,
e più forte dell’ira si dimostra […].
Sarah Kaminski, Università di Torino