In corsa contro il tempo
In questa guerra non si può perdere neppure una battaglia, dunque eccoci a pianificare accuratamente a tavolino ogni mossa.
Primo punto. L’ordine. Non quello del Seder: quello da inviare per tempo in Comunità, secondo dopo aver confrontato il modulo ricevuto con quello degli anni precedenti riscontrando l’assenza proprio di quei biscotti tanto buoni e sorvolando sul fuoco amico relativo al numero di pacchi di matzot (perché correre il rischio di restare senza, dico io, in fondo averne un po’ di più non guasta mai), e soprattutto essersi resi conto che il termine di invio è OGGI e quindi va fatto ORA senza poter adeguatamente riflettere sulla farina di matzot (fine o grossa? O entrambe?).
Secondo punto. Ordinare la carne dal macellaio. Anzi fare la lista per l’ordine della carne e solo dopo chiamare il macellaio (viceversa rischia solo di confondere le idee). Questo presume aver preso per l’ennesima volta le misure del freezer, piuttosto che aver considerato il numero di commensali invitati al primo Seder.
Terzo punto. Stabilire quando andare in Comunità a ritirare il tutto. Non il pomeriggio del Talmud Torà a causa di pancia gravidica di sette mesi ed impossibilità di trascorrere almeno un’ora in piedi in fila (con pargoli urlanti al seguito) per poi trasportare tutto fino all’auto e trascinarsi stancamente a casa, esperienza che stenderebbe anche un elefante (giovane, perché impensabili invece sono le forze delle attempate signore in attesa, che forse come dal medico sono lì in strada dal giorno prima ad anticipare l’apertura dell’ufficio di consegna). Già sperimentato, da non rifare. Piuttosto, di domenica mattina con il supporto di balde braccia maschili (e di una schiena non propriamente in salute, ma meglio non sottilizzare)? Abbastanza in là nel tempo in modo che sia arrivato tutto, ma non troppo a ridosso della corsa finale a completare-le-pulizie-avendo-svuotato-tutto-consumato-regalato…? Questione assai complessa.
Quarto punto. Programmare le scorte alimentari delle prossime, delicatissime settimane. Ancora pasta sì perché sta finendo, ma non troppa sennò avanza. Biscotti no, anche a rischio di una sollevazione popolare infantile perché a colazione non ci sono più i soliti quattro tipi (quattro come i tipi di yogurt e di cereali, i figli presenti al Seder e i bicchieri di vino da bere, tutto torna).
Quinto punto. Programmare le scorte alimentari di Pesach. Riso, latte…sorvolando sempre sul fuoco amico sefardita e le battutine che verrai salvata dalla fame askenazita che ti privava (anche) di kitniot. E hai voglia a dire che stavi benissimo, tu e le tue matzot. non sarai mai creduta. Pazienza.
Sesto punto. Le pulizie. Quando, con l’aiuto di chi (soprattutto ora con già nominata pancia, che a giudicare dai movimenti deve aver già iniziato da tempo a smaltire chametz e a pulire tutto), e cercando di tenere a mente la madre di quel tuo amico israeliano la quale, come a te intimava in casa sua ‘Shvi!’ per rimpinzarti per ore senza possibilità di replica, così costringeva a stare seduta la collaboratrice domestica chiamata e pagata appositamente per le pulizie di Pesach, perché poverina si stancava tanto e poi non sapeva fare davvero bene.
Settimo punto. Settimo come lo Shabbat. Abbiamo pensato a tutto, o forse no. Abbiamo dimenticato qualcosa (o ancor peggio di invitare qualcuno), o forse no. Dobbiamo ancora segnare sull’Haggadà chi canterà cosa. E mettere la registrazione nel telefono per prepararci nei prossimi giorni a colazione, in auto e a casa. E iniziare a studiare. E cercare i testi per ripassare le regole di Pesach. Kitzur dello Shulchan Aruch askenazita o sefardita? Non discutiamone ora.
Forse per adesso possiamo anche riposare e rimandare tutto a domani.
Sara Valentina Di Palma
(15 marzo 2018)