Società – Cresce l’antisemitismo sui social. La procura: troppo poche le denunce

Secondo i dati Ue, il 70 per cento dei post razzisti segnalati vengono cancellati entro 24 ore. Ma anche se le piattaforme collaborano, «aumentano i profili e i gruppi antisemiti su Facebook e Twitter carichi di insulti e stereotipi antiebraici», sostiene Stefano Gatti, dell’osservatorio antisemitismo della Fondazione Cdec, che solo nel 2017 ha mappato ben 330 siti Web di stampo antisemita, 130 dei quali di matrice neonazista, 120 cospirativisti: si calcola che nel mondo esca un post antisionista ogni 83 secondi. E per quanto riguarda il negazionismo «spesso non è considerato dalle policy delle piattaforme un discorso d’odio, cosi alcuni post non vengono rimossi». Su un fenomeno che appare in crescita, quello dell’odio sul Web per il «diverso», e verso gli ebrei in particolare, l’associazione Ex allievi e amici della Scuola Ebraica di Torino ha organizzato un convegno: «Il fenomeno sta assumendo livelli inauditi», dice il presidente dell’associazione, Giulio Disegni. «Non so se sia in crescita l’antisemitismo, quello che è in aumento è la sua manifestazione attraverso la rete, che dà un megafono a chi diffonde messaggi d’odio», spiega Cesare Parodi, procuratore aggiunto a Torino. Le denunce, però, sono poche. «Spesso le vittime non vogliono rivivere la violenza subita con i tempi della giustizia – aggiunge Parodi – riteniamo che sia un fenomeno sommerso, come l’usura». Un fenomeno difficile da combattere, tanto che lo stesso procuratore si è detto pessimista: «Nonostante le leggi e i validi strumenti investigativi, non è purtroppo possibile una repressione sistematica. Bisognerebbe anche lavorare sulle cause a monte». C’è chi ha il coraggio di denunciare, come Lidia Krieger, guida turistica, che amministra una pagina Facebook con migliaia di iscritti. «Uno di questi, con un nickname fittizio, iniziò ad insultarmi, dicendo che noi ebrei non dovremmo esistere e altre cose del genere. Ho fatto denuncia alla polizia postale». E un invito a denunciare è arrivato anche da Fabiola Silvestri, dirigente della polizia postale di Torino: «Collaboriamo con realtà come l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, ma anche con i cittadini che segnalano». A volte per risalire a chi scrive un post «serve una rogatoria internazionale, e ci sono altri ostacoli: non è facile trovare l’autore se usa una rete wifi senza registrarsi». Non solo. «Per quella che per noi è diffamazione, negli Usa si appellano al primo emendamento». Eppure, come ha confermato Enrico Manera, ricercatore dell’Istituto storico della Resistenza di Torino «sono in aumento gli attacchi fascisti sul web, anche attraverso i troll», cioè gli utenti spesso anonimi che bombardano le discussioni online con i loro commenti talvolta violenti.

Fabrizio Assandri, La Stampa Torino, 14 marzo 2018