“Minoranze, Israele è la nostra casa”
Israele vista dagli occhi delle minoranze. Questo il tema della serata organizzata nei locali del Circolo della Stampa dalla Comunità ebraica di Torino, assieme all’Osservatorio Solomon sulle Discriminazioni e al Gruppo Sionistico Piemontese. A portare la propria testimonianza sono le voci di tre giovani israeliani, Jonathan, cristiano maronita, Muhammad, beduino e Lorena di etnia drusa. Ad introdurre e moderare il dibattito il professor Enrico Fubini, dopo i saluti istituzionali del presidente della Comunità ebraica Dario Disegni e del presidente del GSP Emanuel Segre Amar.
Jonathan, Muhammad e Lorena fanno parte del progetto “Reservists on Duty – Getting to know Israel”, che ha come obiettivo quello di far conoscere la realtà israeliana da un punto di vista interno, cioè dai membri della società, composta da molteplici minoranze, alcune più conosciute come quella degli arabi israeliani, altre meno come nel caso degli ospiti della serata. L’iniziativa fa parte di un progetto a livello mondiale, infatti questo ciclo di incontri iniziato negli Stati Uniti, si è poi spostato in Europa, adesso in Italia: la serata torinese verrà replicata nei prossimi giorni anche a Milano, Bologna e Roma.
Il primo a raccontare la propria esperienza è Jonathan Nizar Elkhoury, coordinatore minoranze di Reservists on Duty, per spiegare l’origine del progetto, nato a luglio del 2017 in risposta ad un uso strumentale delle condizioni di vita delle minoranze che risiedono in Israele da parte di organizzazioni come BDS e Student Only for Palestine per attaccare Israele. Queste organizzazioni accusavano la società israeliana di far vivere le minoranze in un regine di apartheid, quando invece godono di pieni diritti. Jonathan, di origine libanese, giunge in Israele come rifugiato assieme alla sua famiglia nel 2011. Il processo di integrazione, che non ha nulla a che vedere con la sola tolleranza, ha inizio da subito, racconta, a partire dall’inserimento nelle scuole per i bambini e all’attivazione di corsi di formazione per i genitori, in modo tale da ridurre i tempi d’ingresso al mondo del lavoro. “Ci sentivano parte della società, una sensazione che ha raggiunto il suo apice durante il servizio civile per me e militare per altri libanesi, le due modalità che sono a tutti gli effetti il mezzo per il melting pot della società israeliana”
La parola passa poi a Lorena Khateeb, attivista della Gioventù drusa, nonché studentessa di antropologia coinvolta in progetti per i diritti della gioventù e della famiglia. “Siamo una piccola minoranza nel mondo e Israele è l’unico posto ai drusi vengono riconosciuti i pieni diritti ed è il primo Stato ad aver riconosciuto l’indipendenza della nostra religione”. Anche Lorena sottolinea come il servizio militare e civile siano la via privilegiata al conseguimento effettivo del processo di integrazione nella società israeliana: “Più del 85% dei giovani drusi residenti in Israele si arruola infatti nell’esercito”.
Infine Muhammad Ka’biya rappresentante della comunità israeliana beduina, che ammonta a 350mila unità, dove la maggioranza vive nel sud del paese. Muhammad è cresciuto nel villaggio di Kabiya (dal nome della sua famiglia), nel nord d’Israele, ha fatto il servizio militare nell’aeronautica come soldato speciale nelle operazioni di salvataggio. “In Israele ognuno ha una storia particolare, una storia quasi unica che lo unisce con questa terra, il legame della mia famiglia risale al 1936”, racconta. La comunità beduina è stata la prima, assieme ai drusi, a decidere di arruolarsi nell’esercito israeliano: “Il prendere parte al servizio militare risiede della convinzione che il terrorismo colpisca tutti i cittadini israeliani, senza distinzioni”.
Alice Fubini
(20 marzo 2018)