Per la libertà, nel nome di Artom

Una marcia in memoria di Emanuele Artom, compatta e silenziosamente raccolta, ha preso il via la mattina di venerdì dal binario 17 della stazione Porta Nuova di Torino, per poi percorrere le via del quartiere di San Salvario e approdare in Piazzetta Primo Levi davanti all’ingresso del tempio. Un appuntamento, promosso dalla Comunità ebraica di Torino assieme alla Città di Torino e alla Comunità di Sant’Egidio, che si svolge ogni anno per ricordare la vita spezzata del giovane intellettuale ebreo. Questa volta, la marcia coincide con gli ottant’anni dalla promulgazione delle Leggi razziste e l’invito è a soffermarsi su come reagì Artom di fronte a queste norme che presero il via con la cacciata di alunni e insegnanti dalle scuole. A precedere gli interventi delle autorità presenti a Torino, il coro dei bambini della scuola ebraica primaria Colonna e Finzi, seguito dall’esecuzione musicale di alcuni studenti del liceo Cavour.
20180323_112120“La Marcia Emanuele Artom – una marcia per ricordare, come l’abbiamo sempre definita – è ormai a Torino un appuntamento centrale nel calendario civile della Memoria, per rievocare il giovane storico, intellettuale ebreo, consapevole, brutalmente torturato e ucciso dai nazisti proprio in virtù del suo essere ebreo e consapevole”, queste le parole del Presidente della Comunità ebraica di Torino, Dario Disegni. “Come ha reagito il giovane intellettuale ebreo antifascista alla perdita di diritti, al rifiuto, alle diffamazioni gratuite che sentiva montare intorno a sé? Sfogliando la prima parte dei suoi Diari – ha ricordato Disegni – cogliamo un atteggiamento misurato e razionale, una superiore dignità che non accetta di porsi sul piano delle volgari accuse. Sembra quasi che Emanuele si sforzi di analizzare con la precisione e la freddezza del cronista un clima incandescente che non poteva non turbarlo nel profondo”.

Il riferimento alle Leggi razziste del ’38 compare anche nell’intervento della Sindaca di Torino, Chiara Appendino: “Il nostro paese sembra non aver ancora fatto i conti con il proprio passato, perché il maccanismo di rimozione ha avuto la meglio sull’assai più complessa assunzione di responsabilità”. Poi un omaggio a Liliana Segre, sopravvissuta ai campi di sterminio e neosenatrice a vita, per ricordare la tragedia delle leggi razziste che prese avvio con la cacciata degli studenti dalle scuole: è la stessa Liliana a definire l’allontanamento come “il momento che divide la mia infanzia tra il prima e il dopo”.
È poi il prefetto della città, Renato Saccone, a richiamare ancora una volta le responsabilità delle istituzioni per quanto accaduto: “Gli italiani devono ancora portare avanti un esame di coscienza”, poi un richiamo al tema della legalità, centrale nel dibattito attuale, ma pericoloso se scisso dalla democrazia: in nome della legalità si possono commettere azioni di qualsiasi natura, per questo quando si parla di legalità essa va concepita come “valore in democrazia”, afferma.
Presenti alla cerimonia anche l’assessore comunale alle politiche giovanili, Marco Giusta; Nino Boeti, vicepresidente del Consiglio Regionale del Piemonte e del Comitato per l’affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione, promotore l’anno scorso dell’iniziativa “Avevamo 20 anni. Artisti per Artom” ; il rabbino capo di Torino, rav Ariel Di Porto e Guido Vaglio, direttore del Museo Diffuso della Resistenza, uno degli enti legati al progetto per l’autunno prossimo “1938-2018. A 80 anni dalle Leggi razziali”, promosso e coordinato dal Museo diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà, dal Centro Internazionale di Studi Primo Levi, dall’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea Giorgio Agosti, dall’Unione Culturale Franco Antonicelli e altri istituti partner del Polo del ‘900, con l’Università degli Studi di Torino e la Comunità ebraica torinese.

Alice Fubini