intenzioni…
Solitamente siamo comunemente portati a pensare che i rabbini si siano sempre dedicati soltanto al problema di ciò che l’ebreo deve o non deve fare. Il centro del problema sarebbe l’azione. Questo modo di percepire la tradizione rabbinica non è corretto per un occhio più attento.
Il Chassidismo si è soprattutto interessato a ciò che l’uomo deve sentire interiormente mentre agisce. Premessa fondamentale per un buon Chassid è ciò che un ebreo pensa e prova mentre agisce: solo questo è ciò che determina la qualità della sua vita religiosa nell’osservanza di una Mitzvah. Ciò che avviene nell’anima interiore è di importanza decisiva per un Chassid (Kavvanah).
Tuttavia, non ci è forse sempre stato insegnato che l’essenza del vivere ebraico è nell’agire? Che la spiritualità interiore, le buone intenzioni, sono desiderabili, ma non indispensabili? Non ci è forse sempre stato insegnato che il valore delle buone azioni è completo in sé, anche se privo di buone intenzioni?
Il Chassidismo viene a proclamare che l’intenzione è l’essenza dell’osservanza delle Mitzvoth. Quello che una persona pensa e sente interiormente non è un semplice auspicio (un obiettivo finale) all’interno dell’osservanza di una Mitzvah, ma costituisce invece il nucleo centrale, a priori, della vita religiosa ebraica. È necessario sviluppare una grande sensibilità spirituale, una capacità di elevarsi a più alti piani di coscienza per osservare anche soltanto una singola Mitzvah. L’esperienza interiore deve avvenire al momento giusto, per permettere poi di eseguire la Mitzvah nel modo giusto.
Il Chassidismo va agli estremi. Una Mitzvah eseguita automaticamente, senza la partecipazione del cuore e della mente (Kavvanah), non è un omaggio a D-o, è idolatria del proprio “Io”, è un dono alla potenza dello Yetzer HaRah (“istinto del male”) che trae la sua energia vitale dalle Mitzvoth compiute per motivi esteriori, provocando il Chillul HaShem (“profanazione del Nome”). Non soltanto le trasgressioni (Averoth), ma anche quelle azioni che sembrano sante e religiose agli occhi dei più, possono infatti essere blasfeme, se l’intenzione che li alimenta non è pura.
L’ebreo è votato al servizio di D-o, tutte le Mitzvoth devono essere vissute a priori come “Chukkim”: non si deve mai agire mossi da motivi razionali, tantomeno personali. Una Averah per amor di D-o, è meglio che una Mitzvah che non abbia tale intento (Nazir 23b). Ogni atto religioso deve avere intenzioni pure. Se una Mitzvah è tinteggiata di amor proprio, un impulso malvagio se ne impadronirà.
Paolo Sciunnach, insegnante