Oltremare – Fuochi d’artificio
I vicini fanno i fuochi d’artificio, è stato il pensiero razionale che è passato per la mia testa. D’altronde quando vivevo a Gerusalemme un paio di lustri fa, ed eravamo giusto a valle della seconda guerra del Libano, capitava spesso di sentire i botti di congratulazioni agli sposi provenire da laggiù, quella zona che nelle cartine geografiche occidentali è una massa grigia e nella realtà è la seconda metà ignota, speculare ma molto reale, della città. All’epoca sentivo anche altri suoni che si sentono all’unisono solo a Gerusalemme: le campane delle chiese che fanno a gara con i moezin, e la sirena calma e breve che marca l’entrata di shabbat. Tutti insieme, a seconda di come gira il vento, a volte in un solo pomeriggio di venerdì. I maligni dicevano che tutti quei fuochi d’artificio erano solo un modo per i nostri vicini di far sentire quanto vicini sono, e a dire il vero lo scopo era raggiunto. Senza un confine effettivo o almeno una larga strada di scorrimento a dividerci, la sensazione era che il matrimonio che festeggiavano fosse dietro l’angolo letteralmente. Perciò, quando ieri sera l’Iron Dome è (apparentemente) scattato al contrattacco di missili in entrata da Gaza verso il territorio israeliano, il primo pensiero è stato “viva gli sposi!”. Solo che stavolta non c’era nessun matrimonio e neanche missili in arrivo da Gaza, ma solo esercitazioni nella Striscia, magari rumorose ma non mirate a oltrepassare il confine. Se sarà confermato che l’Iron Dome ha sparato contro missili che non stavano arrivando, sarà stato un caso di arto fantasma, che speriamo proprio resti tale: fantasma.
Daniela Fubini, Tel Aviv