Spolverando i libri

Anna SegreI più insidiosi sono i libri di testo, aperti e consultati in continuazione a tutte le ore del giorno e della notte, tra colazioni e pranzi ricchi di briciole. Ripuliti quelli ci si può dedicare alle librerie: storia, filosofia, teatro, classici latini, classici italiani, classici stranieri, la serie elegante delle edizioni Salani con le copertine bianche tutte uguali, classici vari in edizioni di pregio. Zona degli autori ebrei, con il sottoinsieme degli ebrei italiani e l’ulteriore sottoinsieme degli ebrei torinesi (organizzazione truffaldina che mi offre un pretesto per collocarmi accanto a Primo Levi). A fianco c’è la zona della cultura ebraica in senso stretto: Tanakh, tefillot, commenti, raccolte di midrashim, ecc. Poi l’haggadah di Pesach che avevo usato a suo tempo per la tesi di laurea, anche lei maneggiata e riempita di briciole per un anno intero e ormai inutilizzabile in un seder vero; e infine, ben tenute sotto chiave, spolverabili solo quando la casa è già ragionevolmente pulita, le altre haggadot, quelle destinate effettivamente al seder e le copie anastatiche di haggadot antiche (peraltro anche loro utilizzabilissime: una volta per curiosità avevo provato a seguire un seder sull’haggadà di Sarajevo del XIV secolo e avevo verificato che si può fare perché in sostanza il testo è sempre lo stesso).
Mentre spolvero mi rendo conto che i libri che abbiamo in casa non svelano affatto la nostra identità come spesso si afferma: non dicono chi siamo noi, casomai dicono chi erano e sono i nostri genitori, nonni, zii e prozii, chi sono i nostri amici e conoscenti che ci regalano libri. Una casa senza libri viene guardata con diffidenza ma a pensarci bene è un’idea molto snob ed elitaria: chissà quanti hanno case che traboccano di libri regalati o ereditati e mai aperti mentre altri magari hanno la casa vuota e prendono in prestito in biblioteca un libro ogni due o tre giorni. E poi ci sono anche libri non cartacei. Suscitano una certa diffidenza, ma in fin dei conti non è anche questa una forma di snobismo? Verrà forse un giorno in cui il libro cartaceo in sé, e non solo le edizioni di lusso, sarà considerato uno status symbol, un vezzo un po’ antiquato che solo pochi si possono permettere? E magari sarà contestato perché del tutto antiecologico così come oggi sono contestate le pellicce?
E nutrirei lo stesso tutti questi dubbi sull’utilità e sul futuro dei libri cartacei se non fossi costretta a spolverarli?

Pesach kasher vesameach.

Anna Segre