Viva Napoleone!
Tra le pagine (di solito non pochissime) che i libri di testo di letteratura dedicano ai vantaggi e agli svantaggi dell’arrivo di Napoleone in Italia non trova spazio quasi per nulla l’apertura dei ghetti. Eppure si tratta di pagine che hanno l’ambizione di inquadrare la storia letteraria in un contesto che viene analizzato da ogni punto di vista, spaziando dalla politica alla sociologia, dall’economia al diritto. Evidentemente la liberazione degli ebrei da un’oppressione secolare appare un dettaglio non significativo. Non so cosa accada nei libri di storia perché è da un po’ di anni che non la insegno nel triennio, ma, a giudicare dall’abituale caduta dalle nuvole degli allievi (anche di quelli bravi), si direbbe che neppure lì se ne parli molto, e certo non in modo approfondito. E così di anno in anno mi ritrovo ad essere la prima a toccare l’argomento, con il rischio che gli allievi ricavino l’impressione di un’insegnante ebrea ossessionata da questioni che interessano solo agli ebrei.
Che Parini, Alfieri e Foscolo non abbiano scritto sui francesi cose troppo lusinghiere è un dato di fatto (anche se non bisognerebbe dimenticare che comunque Foscolo ha fatto una scelta di campo in loro favore). Ma questo non implica che i libri di storia della letteratura debbano necessariamente sposare in modo acritico l’immagine dei francesi esclusivamente brutti e cattivi, né spiega perché si debba considerare irrilevante il fatto che alcuni italiani siano diventati per la prima volta italiani come gli altri.
È bastata un’ottantina di anni perché nelle scuole italiane si desse importanza alla vicenda delle leggi razziali. I ghetti, a quanto pare, hanno bisogno di qualche secolo in più.
Anna Segre, insegnante
(12 aprile 2018)