SCIENZA Lungo i sentieri del genere umano
Guido Barbujani Andrea Brunelli / IL GIRO DEL MONDO IN SEI MILIONI DI ANNI / Mulino
“Non si sa quanti anni abbia esattamente Esumim. Quando, socchiudendo gli occhi, ne dichiara tre milioni, oppure sei, tutti scuotono la testa, ma appena appena perché, comunque sia, un’età venerabile ce l’ha, e non si vorrebbe offenderlo; l’unica incertezza è se sia il caso di celare del tutto lo scetticismo, o invece di manifestarlo in qualche modo, ogni volta che la spara grossa, il che capita di frequente. Ma poi si rimette a raccontare le sue storie, la gente bislacca che frequentava, i posti che ha visto, e senza volerlo si finisce per credergli, almeno un po’. A volergli credere fino in fondo, Esumim avrebbe partecipato a tutte le grandi migrazioni dell’umanità, fin dalla prima a sentir lui, fin da quando stavamo sugli alberi, con un cervellino grande su per giù come quello degli scimpanzé. Difficile fare obiezioni, chiedergli come mai la sappia così lunga anche su posti in cui non si capisce come possa essere stato”. Si apre così il nuovo libro del genetista Guido Barbujani, scritto a quattro mani con il ricercatore Andrea Brunelli, e dedicato al tema delle migrazioni: Il giro del mondo in sei milioni di anni (Il Mulino), il titolo del volume che da voce a un testimone immaginario, Esunim (acronimo di Esseri umani in movimento), attraverso cui il lettore è accompagnato in un viaggio nella storia dell’umanità. Con l’espediente del testimone diretto – ispirato, ricordano gli autori, a Italo Calvino – Barbujani e Brunelli portano il lettore alla genesi dell’umanità: dai primi ominidi – “i più remoti rappresentanti dell’album di famiglia, su cui sappiamo davvero poco”, spiegano i due scienziati – fino all’Homo sapiens, il libro spiega le umanità che si sono succedute e incrociate nel corso di centinaia di migliaia di anni grazie agli studi sul Dna. Le ricerche sul patrimonio genetico hanno permesso di ricostruire la storia delle popolazioni umane seppur, sottolineano Barbujani e Brunelli, ci siano ancora molti tasselli da posizionare nel luogo giusto: “Non è detto che individui vissuti nello stesso posto a distanza di migliaia di anni siano gli uni gli antenati degli altri”. “Il lavoro dei genetisti – si legge nel volume – consiste allora nel ragionare sui dati e proporre modelli che li possano spiegare. Ci si aiuta con quanto ci dicono gli archeologi, i paleontologi e i linguisti; si formulano ipotesi che prevedono come debbano essere le differenze fra individui e popolazioni, ammesso che siano successe certe cose nel corso della loro storia. Si confrontano poi le previsioni dei modelli con i dati ottenuti dal sequenziamento dei campioni (nel migliore dei casi, antichi e moderni, ma non sempre è possibile), e si va a vedere quale modello ci sia arrivato più vicino e quindi sia più improbabile”. Ne Il giro del mondo in sei milioni di anni si dimostra anche come le migrazioni siano parte integrante della storia umana: la retorica odierna si scontra dunque con il racconto degli spostamenti dall’Africa al Caucaso dei nostri antenati e così via. Una diaspora costante che non può dirsi mai realmente conclusa. “Forse può essere utile pensare – spiegano Barbujani e Brunelli – che la tendenza a spostarsi e a cercare migliori condizioni di vita ci accompagna da sei milioni di anni. Oggi si fa un gran parlare di radici e dei diritti che deriverebbero dall’averle in un posto e non nell’altro, ma basta abbassare gli occhi, come suggerisce il nostro amico antropologo Marco Aime, per rendersi conto che in fondo alle gambe non abbiamo radici, ma piedi: piedi che servono per andare in giro e di cui ci serviamo dall’alba dei tempi per il colossale viaggio in cui l’umanità è impegnata fin da quando ha mosso i primi, timidi passi sul suolo, con arti ancora poco adatti a camminare, con un cervello piccolo e poca forza muscolare, ma spinta a procedere da due caratteristiche umane già allora pienamente sviluppate. Erano quelle stesse che ci hanno permesso di progredire nelle tecniche e nelle arti; di esplorare questo pianeta e cominciare a esplorarne altri; di ficcarci nei guai e poi di uscirne; di comporre sinfonie e romanzi, costruire piramidi, pagode, cattedrali, scuole, ospedali e parlamenti; allungare la vita umana e migliorarne la qualità; arrivare a conoscere luoghi, persone e culture diverse, imparando e trasmettendo qualcosa di noi a ogni scambio; due caratteristiche umane di cui anche gli autori di questo libro si vantano di essere portatori, sperabilmente sani: irrequietezza e curiosità”.
Pagine Ebraiche, aprile 2018