Israele 70, una nazione in festa
Appuntamenti in tutta Israele per i 70 anni dalla nascita dello Stato. Durante la cerimonia ufficiale a Gerusalemme che ha aperto i festeggiamenti, sono state accese dodici torce a rappresentare le dodici tribù di Israele. Con una modifica al protocollo, all’evento ha partecipato anche il Primo ministro d’Israele Benjamin Netanyahu: “Alcuni cercano di spegnere la luce che proviene da Sion – ha dichiarato Netanyahu – Non accadrà”. Prima di lui ha parlato il presidente della Knesset Yuli Edelstein che ha sottolineato come la diversità sia una delle forze del Paese: “la diversità è la fonte della nostra forza e la complessità il nostro motore di crescita”. “Il segreto di Israele – scrive Fiamma Nirenstein sul Giornale – per cui ha un Pil più alto di quasi tutti i Paesi europei, un tasso di natalità quasi del tre per cento, una fantasia innovativa e tecnologica che ne fa la seconda potenza mondiale dopo gli Usa in questo campo, sta nella sua emozione: se si passeggia per le strade, la si vede”.
David Grossman Premio Israele. Oggi a Gerusalemme verrano conferiti i Premi Israele, le più prestigiose onorificenze consegnate dallo Stato a persone che si sono distinte per il loro contributo al Paese: tra loro, lo scrittore David Grossman di cui Repubblica e Corriere della Sera riportano uno stralcio del sofferto discorso tenuto per Yom HaZikaron, il giorno in ricordo dei soldati caduti e delle vittime del terrorismo. Grossman, che ha perso il figlio Uri nella seconda guerra del Libano, ha spiegato perché dal suo punto di vista Israele deve ancora diventare pienamente la casa degli israeliani: “Casa è un luogo che irradia un senso di futuro. – ha affermato lo scrittore – Ed è un luogo al quale noi israeliani, anche dopo settant’anni, e non importa quante parole stillanti miele patriottico verranno pronunciate nei prossimi giorni, non siamo ancora arrivati. Non siamo ancora a casa. Israele fu creato affinché il popolo ebraico, che quasi mai si era sentito a casa nel mondo, avesse finalmente una sua dimora. Ed ecco che settant’anni dopo, con risultati sorprendenti in cosa tanti campi, il potente Israele è forse una fortezza ma non è ancora una casa. Potremmo riassumere in una breve frase la soluzione per le complesse relazioni israelo-palestinesi: se i palestinesi non avranno una casa, non l’avranno nemmeno gli israeliani”.
Ferrara, Amos Gitai protagonista. A Ferrara, ospite del Meis, il regista israeliano Amos Gitai ha presentato in anteprima il suo nuovo progetto cinematografico: un film su Donna Gracia Nassi, affascinante e coraggiosa figura dell’ebraismo rinascimentale. “Donna Gracia è stata una figura eccezionale, con una storia unica. Su di lei sono stati scritti libri: la sua vita – dal Portogallo ad Anversa, all’Italia con il periodo ferrarese e poi in Turchia – è stata quella di una donna capace di essere leader, anche politica, nel 1500”, ha raccontato il regista israeliano durante l’incontro a cui hanno partecipato il direttore del Meis Simonetta Della Seta e il giornalista Alain Elkann. “Perseguitata come lo furono i marrani, – racconta Ada Treves su La Stampa, in un resoconto dell’incontro – a volte anche più di coloro che erano rimasti apertamente ebrei, seppe farsi imprenditrice, di successo e partecipare attivamente alla rete che aiutava i marrani a espatriare, e salvarsi. Alla fine del 1548 da Anversa si trasferì in Italia dove, grazie alla politica di tolleranza della casa d’Este abbandonò la facciata cristiana e il nome da convertita per torna a essere Donna Gracia Nassi”. “Questo film non sarà una fuga nel passato, un’opera romantica o didascalica: – ha spiegato Gitai al giornalista Stefano Lolli (Quotidiano nazionale)- cinquecento anni fa il mondo islamico era illuminato, e proprio Sulimano il Magnifico, grazie all’influenza di Doña Gracia, concesse di fatto il primo passo per la costruzione dello Stato d’Israele”.
Milano, un museo per la Brigata. A pochi giorni dal 25 Aprile è stato presentato a Milano l’allestimento «La brigata ebraica in Italia e la Liberazione», curato dal ricercatore Stefano Scaletta e da Cristina Bettin e Samuele Rocca, dell’Università Ben Gurion in Israele. In mostra si trovano fotografie inedite, lettere, mappe, oggetti militari. Il museo, che inaugurerà a maggio, è allestito nella sinagoga Beth Shlomo in corso Lodi, a Porta Romana. “Quella della Brigata ebraica è una storia che unisce la storia di Italia a Israele – ha spiegato al Giornale Milano Scaletta – Abbiamo voluto creare un’esposizione che valorizzasse il contributo dei combattenti della brigata ma non solo”.
Ungheria, quale futuro. Doppia intervista sul Corriere 7 a firma di Rossella Tercatin sul futuro che si prospetta davanti all’Ungheria di Orban e alla sua permanenza nell’Unione europea: a parlarne, Edith Bruck, 85 anni, scrittrice sopravvissuta alla Shoah, e il politologo Antonio Villafranca. Secondo la Bruck, “con un nazionalismo esasperato come quello che anche la grande maggioranza della popolazione ha dimostrato di condividere, non si capisce nemmeno perché gli ungheresi stessi nell’Unione Europea dovrebbero volerci restare”. “Purtroppo – aggiunge – questo tipo di tendenza non è presente solo in Ungheria: mi pare che nazionalismo e desiderio dell’uomo forte al comando stiano tornando in tutto il mondo, Italia compresa”.
Germania e antisemitismo. “È un incidente terribile e reagiremo, impegnandoci con tutte le nostre forze. Dobbiamo vincere la lotta all’antisemitismo, ne va della reputazione del nostro Stato”, il commento della cancelliera Angela Merkel, nel condannare l’aggressione di due ragazzi con la kippah da parte di tre giovani, almeno uno dei quali parlava l’arabo. E successo martedì sera a Prenzlauer Berg, un quartiere alla moda del centro di Berlino, raccontano il Corriere e Repubblica. Le vittime passeggiavano tranquillamente, quando state prima insultate e poi attaccate dal gruppetto. Uno dei due aggrediti, un ragazzo di 21 anni, Adam Armoush, è riuscito a filmare l’aggressione, dove si vede un giovane che colpisce con una cintura, gridando “yahoud”, ebreo in arabo. Intervistato dalla Deutsche Welle, il giovane aggredito ha poi spiegato di non essere ebreo, ma arabo israeliano e che la kippah gli era stata regalata da un amico.
Israele a pedali. L’inviato di guerra del Corriere Lorenzo Cremonesi torna ad attraversare Israele su due ruote, come aveva fatto per la prima volta nel 1977, a vent’anni e, sulle pagine del Corriere 7, racconta di come è cambiato il Paese.
Daniel Reichel twitter @dreichelmoked