…partecipazione

Il 16 gennaio 1916, nell’aula magna dell’Università di Padova, il senatore Vittorio Polacco e il deputato Salvatore Barzilai intervengono per commemorare Giacomo Venezian, professore universitario caduto presso San Martino del Carso. Giacomo Venezian era ebreo triestino, convinto interventista prima del 24 maggio e volontario nell’esercito italiano dopo, dunque traditore agli occhi di chi allora governava la sua città. Anche Salvatore Barzilai e Vittorio Polacco sono ebrei. Eppure nei loro discorsi non si trova un solo cenno all’identità ebraica di Venezian. È solo un episodio, eppure è rappresentativo del sentire di tanti ebrei italiani, che partecipano alla Grande Guerra come italiani, non come ebrei e anzi, non di rado, nascondo di essere ebrei per essere come gli altri, tra gli altri, sul sottile confine tra integrazione e assimilazione.
Fino a qui niente di troppo strano, eppure bisogna fare i conti con i numeri. E i numeri dicono che tanti ebrei partecipano al conflitto da volontari, e tantissimi, in proporzione, sono gli ufficiali (50% contro 4% di media nazionale) e i decorati (12,7% contro 4%). Certo, è necessario considerare la correlazione tra queste cifre: i decorati in assoluto sono molto più numerosi tra gli ufficiali, i cui quadri sono composti in larga misura dalla media borghesia urbana, e di questa fanno parte molti ebrei nel nostro Paese. Eppure la partecipazione al conflitto, ma anche l’adesione all’esperienza complessiva della guerra, nuova e traumatica, è evidentemente di massa nel mondo ebraico. Sembra di percepire lo sforzo di dare di più al proprio Paese, forse anche per dimostrare a se stessi prima ancora che agli altri una appartenenza che è anche riconoscenza? Impossibile non pensare ai diritti, ottenuti pochi decenni prima e nuovamente persi appena venti anni dopo la conclusione della guerra, di questa guerra, quando le leggi razziste volute dal regime fascista apriranno le porte verso le deportazioni e lo sterminio. La mostra fotografica “1915-1918 Ebrei per l’Italia”, curata dal Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (CDEC) con preciso intento didattico, a Torino fino al 4 maggio, consente di porre e porsi questi e numerosi altri interrogativi. È una tappa indispensabile per riflettere sulla nostra identità di ieri e di oggi, di italiani ed ebrei.

Giorgio Berruto, Hatikwà

(19 aprile 2018)