Palmachim

jonaNella centrale di Emeq Hefer abbiamo colto le strategie per raccogliere e recuperare tutte le acque possibili: piovane, reflue di tutti i tipi (nere, grigie, bianche) e conservarle in bacini sempre maggiori per impiegarle a scopo irrigatorio nella stagione secca. Ragionamenti (cui conseguono strategie tecnologiche) sempre rigorosi, ma anche sorprendenti. Vicino a Emeq Hefer le acque del Fiume Alexander (Nahal Alexander) sono utilizzate per creare un bellissimo parco naturalistico ad uso degli abitanti della zona.
Il direttore di Emeq Hefer ci mostra i “confini” dei “territori”: dal tetto della palazzina vediamo come sarebbe ( e come era!) stretto Israele: 12 chilometri che si colgono con un’ occhiata sola. Una manciata di chilometri di pianura che un carro armato ostile potrebbe percorrere in un quarto d’ora! Un brivido corre nella schiena!
Dopo la foto di gruppo, lasciamo questo piccolo, ma brillante capolavoro di tecnologia di idraulica agraria e partiamo per il Sud: Palmachim, qualche decina di chilometri da Tel Aviv.
Qui troviamo una giovane dottoressa, Iris Sutzkover-Gutman, che dirige una “fabbrica” sorprendente: “fabbricano” acqua dolce. Sono in riva al mare e, con ogni precauzione per risparmiare energia, prelevano milioni di metri cubi di acqua dal mare, rimuovono il sale, nonché il boro (che è presente in eccesso per l’alimentazione umana) e la forniscono agli acquedotti di tutta Israele. Non solo: Israele in base al trattato di pace del 1979 deve fornire 50 milioni di metri cubi di acqua alla Giordania e buona parte di quest’acqua è “fabbricata” qui. Ricordo che anni fa i soloni della politica affermavano che la prossima guerra in Medio Oriente sarebbe scoppiata per il possesso dell’acqua, ma chi più della Giordania può desiderare che Israele viva ? Il sistema di estrazione è quello dell’osmosi inversa. Quindi non più risparmio dell’acqua piovana, ma fabbricazione partendo da quella fonte sterminata che è il mare. Un’altra logica altrettanto rigorosa, ma diversa: siamo a pochi chilometri da Emeq Hefer, ma qui si ragiona diversamente!
Entriamo nella fabbrica che lavora con molte pompe enormi e rumorosissime: veniamo invitati a proteggerci i timpani con le dita nelle orecchie. Malgrado ciò il frastuono è incredibile. In un altro reparto vediamo l’impianto vero e proprio di dissalazione: migliaia di cilindri costituiti da membrane avvolte su di essi, nei quali l’acqua di mare è forzata con la pressione di 70 atmosfere. Migliaia di chilometri quadrati di membrane sulle quali rimane il sale, mentre l’acqua dolce trasuda sull’ altro lato della membrana: milioni di metri cubi di “trasudamento”. Nella sala riunioni dove ci spiegano la tecnologia ci offrono di dissetarci con l’acqua “del mare”: ottima !
Tutta un’altra logica: qui è un altro mondo e siamo a poche decine di chilometri da Emeq Hefer: incredibile e quasi scioccante.
Dopo un’ ora di visita partiamo verso il Sud dove ci attende il KKL. Quale sarà la loro logica per fornire acqua alle piante?

Roberto Jona

(19 aprile 2018)