Liberazione e democrazia

Emanuele CalòDomani 25 Aprile 2018 si celebrerà l’anniversario della liberazione d’Italia dal giogo nazifascista. Il regime fascista era già caduto con l’ordine del giorno Grandi approvato dal Gran Consiglio il 25 luglio 1943. Un atto irreale, visto che gli alleati erano già sbarcati in Sicilia e si apprestavano a risalire la penisola. Irreale perché la monarchia avrebbe anche potuto sopravvivere, ma il regime fascista avrebbe tutt’al più potuto implodere ed i suoi singoli rappresentanti potevano sperare, semmai, d’insinuarsi nei partiti che ne avrebbero raccolto il comando, come in effetti è accaduto. Nel dopoguerra, sono vissuti due fascismi, quello superstite ed erede della Repubblica Sociale Italiana, capeggiata da un Benito Mussolini salvato da Adolfo Hitler ed un altro rimasto come nemico ideale da sconfiggere, come se non fosse già stato abbondantemente sconfitto dalla storia. Ne seguì un’eccellente carta costituzionale, intrisa però da palesi contraddizioni, frutto di un impossibile compromesso fra comunismo e democrazia. Con queste basi – che però non impedirono all’Italia di realizzare il miracolo economico e di diventare una potenza di media grandezza, avente al suo attivo successi in ogni campo – non desta meraviglia che manchi ancora nel nostro Paese una memoria condivisa ed una chiarezza totale sul valore della libertà e della democrazia. Perciò domani i festeggiamenti, sacrosanti, dovranno convivere con equivoci, con odi, rancori e vituperi. Basterebbe che si chiarisse che la peggior democrazia è preferibile alla miglior dittatura e che non ci sono popoli imberbi che vivono meglio nell’oppressione. L’universalità dei valori, ecco dove porre l’accento; noi dovremmo saperlo meglio di tutti, sulla base dei sette precetti noachidi.

Emanuele Calò, giurista