Torino – “Libertà, valore da difendere”
Un unico corteo, fatto di voci, bandiere, gonfaloni e fiaccole, quello che ha sfilato tra le vie del centro della città di Torino per celebrare l’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. A più di settant’anni dal 25 aprile 1945 risulta indispensabile chiedersi cosa rappresenti oggi questa data e se e in che modo il suo significato possa essere attualizzato tenendo conto delle dinamiche della società contemporanea, che sempre più spesso vede sfumare molti degli ideali che hanno portato alla lotta per la libertà e infine alla Liberazione. L’attualizzazione della storia, questa la riflessione di fondo nata spontanea dal susseguirsi dei diversi interventi sul palco a fine manifestazione. A rappresentare l’ebraismo torinese alla fiaccolata, il presidente della Comunità ebraica Dario Disegni, ma molte sono state le autorità che hanno sfilato tra cui il governatore del Piemonte Sergio Chiamparino, il sindaco di Torino Chiara Appendino, il prefetto Renato Saccone, il neo presidente del Consiglio regionale Nino Boeti, e l’assessore alla Cultura del Piemonte Antonella Parigi.
“Il 25 aprile rappresenta la primavera di libertà, rappresenta gli ideali immortali della Costituzione, un’eterna libertà che va posta in contrapposizione agli analfabeti della democrazia e ai nostalgici della dittatura”, questo l’incisivo intervento di Bruno Segre. In rappresentanza delle istituzioni, l’intervento di Francesca Leon, assessore comunale alla Cultura, che ha parlato dell’importanza di raccontare la storia, di mesi di durissima repressione da un lato e lotta dall’altro resa possibile da una “Resistenza trasversale”.
L’orazione ufficiale spetta al professor Gastone Cottino, partigiano. Due le date richiamate, 1938 e 1948: la promulgazione delle Leggi razziste e, dieci anni dopo, l’entrata in vigore della Costituzione. Un intervallo di tempo che ha visto la civiltà e la dignità umana proprie delle democrazie travolte dall’onda nera del nazifascismo. Un’onda che tuttavia ha risparmiato quelli che Cottino definisce “i semi di ribellione, tenacemente sopravvissuti alla sopraffazione, protagonisti di 20 mesi aspri e sanguinosi di Resistenza”. Lo sguardo sul passato si sposta sul presente, dove “le virulente tendenze di stampo neofascista, vengono fin troppo spesso pudicamente definite populiste”. “Si tratta di un’iceberg – ha continuato Cottino – alla cui punta stanno le violenze”, e il richiamo ai fatti di Macerata, al marchio delle case di antifascisti a Pavia sono solo alcuni esempi, a cui bisogna rispondere con “l’ottimismo della volontà, con la fermezza di chi non rimane inerme, con la scomodità di chi non lascia la lotta e fa una scelta di libertà e di riscatto quasi istintiva”, la stessa scelta che fecero i molti all’indomani dell’8 settembre.
Alice Fubini