Democrazia e paletti
Chissà perché in politica sembra sia lecito dire qualunque assurdità purché si abbia dietro un partito – meglio ancora se è una coalizione – pronto a ripeterle fino a quando a furia di essere ascoltate e ripetute appariranno logiche. Ecco dunque che si sente parlare di ʺprimiʺ, ʺsecondiʺ, e ʺterziʺ arrivati, come se le elezioni fossero state una specie di giro d’Italia o di campionato di calcio, e si proclama a gran voce che un governo formato dai ʺsecondiʺ con i ʺterziʺ non sarebbe davvero democratico. E perché mai un governo sostenuto dalla maggioranza assoluta dei cittadini italiani non dovrebbe essere democratico mentre una decina di anni fa un governo sostenuto da poco più di un terzo degli italiani era considerato ʺeletto dal popoloʺ al punto da gridare al golpe per la sua caduta? E perché qualunque tentativo di formare una coalizione di governo viene definito ʺinciucioʺ e guardato con sospetto e diffidenza? Inutile dire che questi luoghi comuni che nessuno si preoccupa di smentire non hanno niente a che fare con la nostra Costituzione, né con le regole di una qualunque democrazia parlamentare, e ancora meno con la storia del nostro Paese, che è stato governato per decenni da un insieme addirittura di cinque partiti, tre dei quali fortemente minoritari, senza che nessuno – giustamente – ci vedesse nulla di scandaloso. Il fatto è che i cinque partiti avevano le idee chiare su ciò che volevano e ancora di più su ciò che non volevano: l’alleanza si fondava su paletti condivisi ancora più che su proposte condivise.
Viceversa oggi, pur tra proclami bellicosi, si prendono in considerazione tutti gli scenari possibili, come se tra i partiti non ci fossero differenze ideologiche sostanziali, e di fatto nessuno si preoccupa di fissare paletti. Durante la recente campagna elettorale abbiamo sentito parlare di difesa della razza bianca, di espulsioni di massa di profughi, di una religione maggioritaria che deve essere in qualche modo privilegiata, e altre simili amenità. Erano solo battute elettorali da non prendere sul serio? Comunque sia nessuno più ne parla e nessuno chiede conto di queste battute a chi le ha pronunciate. Paradossalmente l’eccesso di paletti ha portato alla mancanza di paletti.
Forse le polemiche e i dissapori sul 25 aprile rispondono alla medesima logica. Si tende a dimenticare che la Resistenza è stata un’alleanza tra persone con ideologie molto diverse tra loro ma unite da comuni paletti: no al fascismo, no al razzismo, no all’antisemitismo. Oggi c’è chi si sente autorizzato a usare i cortei del 25 aprile per urlare contro chiunque abbia opinioni diverse su qualunque argomento, da un treno ad alta velocità alla riforma della scuola. E così nelle gare a chi provoca di più o grida più forte cade la consapevolezza dei valori comuni e finiscono per cadere anche i paletti.
Anna Segre