L’ultimo rabbino di Acqui Terme Storia di una famiglia salvata
Un giorno di alcuni anni fa mi trovavo nello studio di mio marito quando sulla scrivania notai un foglio abbandonato su una pila di documenti vari, uno strano foglio che non avevo mai visto. Lo presi in mano e mi resi conto che si trattava di un albero genealogico: scarno, con pochi nomi, qualche data e molti punti interrogativi. Mi apparve da subito come un albero senza vita e ne fui turbata. Attesi dunque che mio marito rientrasse da scuola e sventolando quel foglio gli chiesi a chi appartenesse la genealogia.
“Sono i miei parenti del ramo paterno” fu la sua risposta. “Quello da cui proviene il mio bisnonno rabbino”.
Già, il bisnonno Adolfo Salvatore Ancona… Me ne aveva parlato poche volte, così, quasi distrattamente, aggiungendo che era un abile falegname, che la chanukkia’ di legno nella vetrina di sala era opera sua, che era stato rabbino capo di Acqui Terme e che là era sepolto. Nulla di più. Dopo qualche giorno ripresi in mano quell’albero genealogico e capii che sarebbe stato un dovere riportarlo alla vita, perché dietro a quei nomi, quelle date di nascita e di morte e soprattutto quei tanti punti interrogativi c’erano vite, storie e memorie che reclamavano ascolto e attenzione. Ne parlai con mio marito e anche lui fu d’accordo. Si assunse parte della responsabilità di questo silenzio e disattenzione durati decenni, causati forse dagli affanni quotidiani o dal desiderio di celare ai più i dolori della Shoah. O semplicemente perché non era il tempo giusto.
Così, stimolati da un’irrinunciabile esigenza di memoria, io e mio marito cominciammo le ricerche e man mano che si procedeva era sempre più evidente una cosa: non c’era alcuna traccia – nel mondo ebraico italiano – di rav Adolfo Salvatore Ancona, il rabbino capo di Acqui Terme per mezzo secolo, che lì visse e insegnò, da lì fuggì come molti della Comunità e lì tornò dopo la guerra, per morire nel 1952 e sempre lì riposare nel Beit Ha Chayim in cui sono sepolti altri sei rabbanim.
Rav Ancona ci apparve da subito come un “dimenticato” anziché uno dei nostri autorevoli e preziosi Rabbini da ricordare, di cui raccontare e dalle cui opere trarre insegnamento. Nessuno ne sapeva nulla. “Chi? Mai sentito nominare!” fu la risposta dei tanti cui domandammo di Rav Ancona. Allora ci fu chiara una cosa: sarebbe stato un preciso dovere far sì che la sua figura ricca di valori appartenesse per sempre al patrimonio culturale e morale dell’ebraismo italiano come cellula della memoria collettiva, per non restare confinato soltanto nei ricordi e nelle stanze private di una famiglia. Com’è possibile aver lasciato nella polvere la memoria di un’autorità rabbinica, marito, padre, umile servitore della Comunità cui teneva moltissimo, insegnante e falegname, uomo di Torà che conosceva perfettamente tre lingue, faro per i tanti ebrei mitteleuropei che giungevano ad Acqui Terme per le cure? Rav Ancona fu anche un fervido propugnatore di quel dialogo interreligioso che oggi fa notizia e tanto clamore e che ai suoi tempi esercitava nei fatti e non nelle parole.
Proprio quei fatti, come semi innaffiati nei decenni con il rispetto e la stima che il rav dimostrava per le Autorità e il tessuto sociale di Acqui Terme, diventarono frutti di affetto e riconoscenza che portarono un intero territorio, con coraggio e abnegazione, a proteggere e salvare lui, la sua famiglia e molti membri della Comunità dalla furia nazista durante la Shoah.
Da queste riflessioni e ricerche è nato un progetto itinerante che inizierà il 29 aprile con un evento sulla piazza principale di Cartosio, dove parte della famiglia di rav Ancona fu nascosta e proseguirà a Terzo e Ponzone, dove lui e il nipote Giorgio Polacco, mio suocero, restarono qualche mese e da cui invece fu prelevato il figlio Roberto Davide, internato ad Auschwitz e morto a Dachau nel 1945, alla cui memoria è stata dedicata, solo a gennaio 2018, una pietra d’inciampo davanti al portone di quelli che fino al 1952 furono la casa della famiglia Ancona e il Tempio di Acqui Terme. Poi il progetto continuerà con l’uscita del romanzo, fermandosi nelle scuole, nelle biblioteche e nelle librerie di Stresa, Milano, Padova, Roma e ovunque sarà accolto. Perché quell’albero genealogico rinsecchito torni alla vita e il ricordo di rav Ancona sia di benedizione per tutti.
Paola Fargion Polacco