STORIA Nei lager dove morì il fratello di Pertini un romanzo tedesco contro i negazionisti
Wolfram Fleischhauer / IL BOSCO SILENZIOSO / Emons
Nel 1979 Sandro Pertini, presidente della Repubblica, visitò il campo di Flossenbürg, in Baviera, dove fra le vittime dello sterminio nazista era stato ucciso suo fratello. L’anno era denso di avvenimenti internazionali importanti, come la rivoluzione in Iran e in Nicaragua o il dramma dei boat people in Vietnam, ma per la Baviera fu quello il vero evento, e il vero scandalo. Wolfram Fleischhauer, nel romanzo Il bosco silenzioso (Emons, collana «Gialli tedeschi»), ha raccolto dai giornali dell’epoca lettere indignate che protestavano contro la visita, contro gli italiani, contro le «lezioni di antifascismo di un Paese di cui manteniamo i disoccupati». La difesa di un oscuro passato muove la trama del libro (ambientato negli Anni Novanta), dove una giovane agronoma cerca in un grande bosco la verità sulla morte del padre, avvenuta a ridosso del viaggio di Pertini, e di una strage occultata. E una storia corale, che coinvolge un’intera comunità; non solo un giallo, nonostante trama e colpi di scena. C’è la vita del bosco, e soprattutto l’idea che, conoscendo la dinamica delle specie botaniche, sia possibile farlo «parlare», al di là dei silenzi degli uomini. Saranno erbe e alberi a fornire gli indizi decisivi su orrori commessi mezzo secolo prima: in questo caso a una sola persona, la protagonista Anja Grimm, che sa come interrogarle. Anzi che – lo dice uno fra i suoi principali antagonisti – «sa leggere il bosco come nessun altro». Wolfram Fleischhauer, autore di una decina di romanzi (questo è il primo tradotto in Italia, ne parlerà al Salone del libro venerdì 11 maggio) conosce bene il nostro Paese. Pertini non è solo un visitatore capitato un giorno lontano a creare imbarazzi politici e scompiglio revisionista. E il simbolo di una verità che, osserva, ancora fatica a essere affermata. Il ro- manzo non ha suscitato polemiche in Germania, «anche se c’è ancora molta resistenza lo- cale rispetto ai temi della memoria», dice lo scrittore, «un clima di negazionismo che si allarga in un lugubre orizzonte». Lo scandalo non era il suo scopo: «Semmai scrivo per indurre i lettori a riflettere. Ed è anche questo il motivo per cui scelgo le strutture del giallo, ma pensando alla letteratura». Nelle pieghe del libro c’è anche la favola di Hänsel e Gretel (e il fatto che la protagonista si chiami Grimm, come gli autori della celebre raccolta dove figura la storia piuttosto gotica della casina di marzapane sperduta nel bosco, non sarà forse casuale): ma viene rovesciata, nelle implicazioni storiche e antropologiche. La strega è la vittima di un’ossessione collettiva. «Il risentimento verso i gruppi marginali della società è sempre vivo», dice per esempio ad Anja il direttore del memoriale di Flosseburg, dopo aver evocato la fiaba. E «sempre» significa oggi, sia per quanto riguarda il tempo della narrazione sia per quello della lettura: «La memoria è un campo di battaglia». Anche il bosco lo è, almeno per un tedesco. «Un grande mito romantico, che però funziona come una maschera. Ho cercato di smascherarlo».
Mario Baudino, La Stampa, 1 maggio 2018