Periscopio – Dario e Aida
Quando mi capita di ricevere – esclusivamente per l’affetto e la benevolenza degli amici – qualche giudizio di apprezzamento per qualcuno dei miei scrittarelli, rispondo, sovente, con la stessa battuta, ossia che, anche ammesso che i complimenti possano essere meritati, preferirei, e di gran lunga, scrivere peggio, ma poter trattare di argomenti più piacevoli. Ed è una battuta molto vera e sincera, perché dovere commentare, tante volte, manifestazioni di violenza, odio, morte, menzogna, ignoranza, non è un esercizio piacevole: un senso di sfiducia, sconforto, pessimismo mi assale mentre scelgo l’episodio da commentare, così quando, poi, penso a cosa dire, scrivo le mie righe, le rileggo, le correggo, le mando in redazione, le vedo pubblicate. E, spesso, mi resta, per diversi giorni, un’ombra di malumore, che cerco di scacciare con le cose piacevoli della mia vita- affetti familiari, lavoro, letture, svago, disegno, amici… -, che, per mia grande fortuna, non mi mancano.
Ma capita, ogni tanto, che anche la scrittura del mio piccolo ‘Periscopio’ sia occasione di letizia, quando ho la possibilità di riflettere su qualcosa di bello, di allegro, di divertente: qualcosa, soprattutto, che dia un po’ di spazio alla speranza, alla fiducia negli uomini, all’idea di un possibile futuro migliore. Tutte cose che, al giorno d’oggi, sembrano diventate più rare e preziose dell’osso dell’unicorno. Ed è con un sentimento di grande sollievo, e di sincera gratitudine, che segnalo, quest’oggi, un libretto davvero delizioso, capace di fare tornare il sorriso anche al più cupo e incallito dei pessimisti: “Quando due parallele si incontrano. Due ragazzi ebrei dalle leggi razziali ad oggi”, scritto a quattro mani dai Dario e Aida Foà per i tipi della Belforte (Casa Editrice che, soprattutto grazie alla generosità e al mecenatismo del suo Direttore, Guido Guastalla, dà, da ormai tanti anni, un grande contributo al patrimonio culturale e morale di questo Paese, ed è diventata un’autentica bandiera dei valori della Memoria, della civiltà, della lotta alla discriminazione e l’intolleranza).
Il libro è una sorta di “diario” di bordo di una lunga traversata – costellata di vicende tristi, felici, tragiche, buffe, sorprendenti -, iniziata negli anni bui del fascismo, e ancora in pieno svolgimento, nel quale i due naviganti, marito e moglie, raccontano – con lo stile fresco e coinvolgente di una semplice chiacchierata tra amici – quelli che, nel loro ricordo, sono rimasti fissati come i momenti salienti del viaggio, tanto sul piano privato quanto su quello pubblico: il loro smarrimento e sgomento di bambini ghettizzati come pericolosi nemici della “razza italiana”, l’incubo della guerra, le speranze e le fatiche della ricostruzione, le gioie e le responsabilità di un matrimonio felicissimo e di una splendida famiglia, l’attaccamento all’identità ebraica e la difesa di Israele vissuti con naturalezza, senza alcuna ostentazione, come parte essenziale della propria vita.
Non mancano, nel volumetto, anche delle perle di saggezza: come quando, per esempio, Dario si rivela un raffinato talmudista, dando un’inedita e credibilissima interpretazione dell’usanza della rottura del bicchiere durante la cerimonia nuziale: “la tradizione vuole che si rompa per ricordare, anche nei momenti di grande gioia, il dolore per la distruzione del Tempio di Gerusalemme. Ma a me piace un’altra spiegazione: il bicchiere si rompe perché da quel bicchiere hanno bevuto i due sposi, e che nessun altro si permetta di intromettersi in questa unione bevendo da questo stesso bicchiere”. Una vera perla di saggezza!
Verrebbe voglia di chiedere alle due parallele quale sia stato il segreto di tanta armonia, tanta felicità. La fortuna di un incontro giusto, o un lungo, quotidiano impegno di reciproca sollecitudine? Ma sarebbe una domanda inutile, perché il vero amore ha sempre in sé qualcosa di segreto, di misterioso. Così come ha sempre il potere di trasmettere agli altri qualcosa della sua forza, della sua positività.
Un libretto fiorito e colorato, dunque, da cui emana un potente messaggio di ottimismo, energia, fiducia. Da vendere, secondo me, non solo in libreria, ma anche in farmacia, come antidepressivo. Funziona meglio, costa di meno, non arreca effetti collaterali e non c’è limitazione di dosi. E l’assunzione del farmaco è piacevolissima.
Francesco Lucrezi, storico