Ticketless – Il ’68 sequestrato
Si intitola così uno dei migliori libri usciti per celebrare il mezzo secolo che ci separa dal 1968. Cecoslovacchia, Polonia, Jugoslavia e dintorni. Saggi di Pavel Kolář, Wlodek Goldkorn, Nicole Janigro, Anna Bravo (Donzelli ed.). Sarebbe un peccato se questo lavoro non fosse discusso e apprezzato come merita. “Nella storia d’Europa dei decenni successivi – scrive Crainz – il ’68 non ci appare tanto rilevante per quel che avvenne a Parigi oppure a Torino, a Berlino, a Milano o a Trento, quanto per i traumi e i rivolgimenti che segnarono quell’area del l’Europa “sequestrata” dall’impero sovietico”. A distanza di cinquant’anni si inizia a comprendere come per la storia d’Europa siano stati decisivi soprattutto i rivolgimenti che segnarono la Cecoslovacchia, la Polonia e altre aree dell’Europa “sequestrata” dall’impero sovietico (l’espressione che dà il titolo è di Milan Kundera). Quegli eventi rappresentarono la conferma definitiva dell’impossibilità di riformare dall’interno il “socialismo reale”. Il libro non trascura di sottolineare i violenti toni antisemiti che caratterizzò la repressione, provocando l’esodo di una ricca comunità intellettuale e di una parte significativa degli ebrei rimasti là dopo la Shoah. Leggendo il libro una domanda sorge spontanea. Quel sessantotto fu sequestrato anche dalla non piccola componente ebraica del ’68 italiano. Il destino degli ebrei dell’est e la questione dell’antisemitismo oltre cortina furono come è noto un cruccio solitario di intellettuali e studiosi come Franco Venturi e Aldo Garosci, ambedue poco teneri verso le barricate degli studenti di Parigi, Torino, Berlino, Milano o Trento.
Alberto Cavaglion