Israele e Gaza, lo scontro diventa diplomatico
Dopo i fatti di lunedì, il conflitto tra israeliani e palestinesi è tornato al centro del dibattito internazionale. E lo scontro, spiegano i quotidiani, si fa diplomatico: su quanto accaduto al confine con Gaza, “tedeschi e i britannici pretendono ‘un’inchiesta indipendente’. – scrive il Corriere della Sera – La stessa richiesta al Consiglio di sicurezza dell’Onu è stata bloccata dal veto degli americani, che riconoscono agli israeliani ‘il diritto di difendere il loro confine’”. Il quotidiano apre parlando dei funerali tenutisi ieri a Gaza (oltre 60 i palestinesi morti negli scontri) e chiude con la testimonianza di un palestinese che si è rifiutato di partecipare alle manifestazioni indette da Hamas: “Non andiamo a farci ammazzare per i fondamentalisti – spiega Mohammed al Tauli -. Sono responsabili della miseria in cui viviamo”. Il Fatto Quotidiano racconta come Hamas ha preparato lo scontro e l’assalto alla barriera: “un compito affidato ai più giovani – si legge nell’articolo – che utilizzano tronchesi per rompere il filospinato. A separare i palestinesi di Gaza dal confine c’è una zona-cuscinetto: Hamas manda i ragazzi in quel settore sebbene Israele già da marzo aveva avvisato che chiunque si sarebbe avvicinato alla zona sarebbe stato colpito”. Il presidente francese Emmanuel Macron ha parlato di “diritto di Israele a difendersi, seppur con moderazione”, spiega il Sole 24 Ore. L’Europa esprime preoccupazione e Belgio e Irlanda hanno richiamato gli ambasciatori di Israele. Ma lo scontro più duro è con la Turchia che ha espulso l’ambasciatore israeliano. “Erdogan è fra i principali sostenitori di Hamas e non vi è dubbio che capisca perfettamente il terrorismo e i massacri, non ci venga a dare lezioni di morale”, la risposta del Primo ministro israeliano Netanyahu (La Stampa). Erdogan ha chiesto ai paesi arabi di agire contro Gerusalemme ma molti di loro, spiega il Foglio “per anni campioni della causa palestinese, hanno pubblicato note e comunicati simili nei toni e nella forma a quelli europei: estremamente formali. Più che l’indignazione delle cancellerie questi testi rivelano quanto i palestinesi siano sempre più isolati in una regione in cui gli alleati di sempre hanno altre priorità: arginare l’espansionismo dell’Iran, ed evitare la possibilità di un’altra “primavera” come quella del 2011”. Sempre il Foglio racconta invece come proprio l’Iran sia tra i maggiori sponsor dei disordini a Gaza.
Vittime e propaganda. Repubblica titola il proprio pezzo su Gaza riportando la notizia di un bimba di otto mesi palestinese portata da uno zio alla madre al confine tra la Striscia e Israele e morta soffocata dai lacrimogeni. “Le agenzie di stampa americana AP e tedesca DPA – scrive invece il Messaggero – raccolgono testimonianze anonime di medici e funzionari della sanità di Gaza per cui Leila non sarebbe deceduta per i gas ma per altri ‘preesistenti problemi di salute’”. Il quotidiano aggiunge che “filtra il sospetto che Hamas paghi 100 dollari a famiglia per ammassare civili al confine e arrivare a quota 100mila, come promesso alla vigilia dell’inaugurazione dell’ambasciata USA a Gerusalemme. Ma già la verità è lontana, bruciata dall’impatto emotivo della neonata vittima di guerra”.
Scrittori e appelli. Sul Corriere lo scrittore palestinese Khaled Diab presenta la sua posizione: “l’America non porterà certo la fine del conflitto, – scrive – il governo israeliano non porterà la pace e né Fatah né Hamas porteranno la pace. Porteranno la pace solo coloro che amano la pace in Israele e in Palestina, quando sapranno unire le loro forze”. Tesi sostenuta anche dallo scrittore ebreo americano Nathan Englander, intervistato da Repubblica. Il quotidiano pubblica anche un appello che trova diverse firme, da Anna Foa a Roberto Saviano, e chiede “soprattutto, che tacciano le armi e si cerchino ora e per il futuro, da parte di tutti, le vie politiche del dialogo, della conoscenza reciproca e della pace in tutta la regione”.
Tel Aviv, la città bianca. “Un centinaio tra foto, schizzi, plastici e materiali video selezionati per raccontare una città all’avanguardia per innovazione, non solo oggi ma già agli inizi del Novecento, ai tempi del suo primo grande sviluppo concentrato in particolare fra anni Trenta e Cinquanta”, così il Corriere Roma presenta la mostra inaugurata al Maxxi e dedicata a Tel Aviv, città bianca.
Daniel Reichel twitter @dreichelmoked