…Israele
Israele ha compiuto 70 anni da pochi giorni o da poche settimane, a seconda del calendario di riferimento solare o ebraico. Ed è mia convinzione che Israele, lo stato di Israele voglio dire, sia uno dei beni più preziosi oggi per il popolo ebraico. Proprio per questo è indispensabile, a mio modesto avviso, che chi ha a cuore Israele eviti di sposare acriticamente narrative faziose di appoggio incondizionato nei confronti di ogni singolo gesto o posizione del governo israeliano. Perché la realtà è indubbiamente più complessa degli slogan; perché dire di sì a tutto, a priori, è per alcuni forse confortante ma un po’ troppo comodo; perché la ripetizione meccanica è l’antitesi del pensiero, la sua inibizione; perché avere a cuore significa comportarsi come i genitori con i figli, e il rimprovero – quando opportuno e nei modi consoni e costruttivi – è un momento indispensabile, mentre l’approvazione totale e preventiva può essere al limite una modalità dell’amicizia, sicuramente non dell’educazione.
Anche io, come Anna Segre e Dario Calimani, quando ho risposto al questionario sull’antisemitismo dell’Agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione europea mi sono trovato in imbarazzo. Perché di minacce negli ultimi anni ne ho ricevute più di una volta e, alla prova dei fatti, proprio in quanto ebreo. Per non dire degli insulti. Ma – opzione che il questionario non sembra prendere in considerazione – da altri ebrei. Ebrei per lo più ben noti nell’ambiente delle comunità ebraiche e non nuovi a simili prodezze. E ci sono perfino casi di non ebrei che, dispensando messianismo spicciolo, reputano se stessi veri amici di Israele e vanno a caccia dei famigerati “ebrei che odiano se stessi”.
È quanto, ancora una volta, si sta verificando in questi giorni nei confronti di chi viene insultato e messo alla berlina come “traditore” e “nemico del proprio popolo” per aver espresso opinioni sull’operato di Israele al confine con Gaza e sulla questione dell’ambasciata Usa a Gerusalemme che non collimano con un pieno e totale appoggio alla linea Trump-Netanyahu. Non voglio qui prendere posizione pro o contro le decisioni del governo israeliano ma semplicemente dire che, a mio parere, è indecente non ritenere discutibili queste decisioni e tanto più insultare (o peggio) chi invece nel mondo ebraico le discute. Basta poco, d’altra parte, per scatenare la caccia alle streghe sul web: questo stesso articolo potrebbe essere sufficiente.
Giorgio Berruto, Hatikwà
(17 maggio 2018)