UMORISMO Cos’è una barzelletta ebraica
Jeremy Dauber / JEWISH COMEDY: A SERIOUS HISTORY / W.W. Norton & Company
Devorah Baum / THE JEWISH JOKE / Profile Books
Devorah Baum / FEELING JEWISH /Yale University Press
Si può ridere dell’umorismo ebraico? Forse no. Gli studiosi di barzellette sugli ebrei hanno certamente rivelato l’esistenza di lati oscuri in quei signori e signore Goldberg, nel loro rabbino molto paziente, nel mendicante incredibilmente forbito che si presenta alla loro porta. Freud, per esempio, scoprì che l’umorismo degli ebrei era particolarmente autodenigratorio. La sua analisi non era scientifica, i dati non erano altro che le sue barzellette preferite, ma la sua conclusione sembra più o meno vera. Ruth Wisse, professoressa di yiddish ad Harvard, nel 2013 ha affermato che scherzare troppo potrebbe in effetti essere negativo per gli ebrei. E ovviamente, una buona parte di umorismo ebraico riguarda argomenti non divertenti, come i pogrom e l’Olocausto.
Il primo capitolo di un nuovo studio di Jeremy Dauber, professore della Columbia University, considera la comicità ebraica come una risposta all’antisemitismo e alla persecuzione. È un capitolo colmo di tragedia e sofferenza, ma Dauber riconosce la molteplicità dell’umorismo ebraico e si oppone saggiamente a qualsiasi sua caratterizzazione. Invece, organizza il suo libro attorno a sette temi, dei quali gli altri sei sono: la satira delle regole ebraiche, giochi di parole colti e allusivi, la volgarità e il corpo, ironia metafisica mordace, l’ebreo popolano comune e la natura ambigua dell’ebraicità.
Dauber sostiene che la prima risata dell’ebraismo si trova nel Libro della Genesi, quando l’anziana Sara derise la profezia secondo la quale avrebbe avuto un figlio dall’ancora più anziano Abramo, ma alla fine dovette ricredersi. L’autore esamina abilmente l’intera storia documentata dell’umorismo ebraico, ma si concentra su quella che evidentemente è la sua passione, ovvero l’industria americana dell’intrattenimento leggero nel XX secolo e oggi, della quale fornisce un esaustivo (e a volte estenuante) resoconto. Il giornale antisemita di Henry Ford, il Dearborn Independent, nel 1921 avvertì che in America c’era un “problema con il cinema”, perché gli ebrei ne avevano il “controllo”. Ai film adesso bisogna aggiungere la radio, la televisione, il teatro, gli spettacoli dal vivo e internet, ma è chiaramente perché il pubblico di oggi considera i comici ebrei più un piacere che un problema.
A volte i gentili trovano sconcertante che gli ebrei si divertano così tanto a prendersi in giro da soli. I classici personaggi delle barzellette sugli ebrei, per esempio le madri ebree, delle quali non ce ne vuole nessuna per cambiare una lampadina poiché preferirebbe stare seduta al buio, sono una fonte di diletto nelle case ebraiche, ma anche una fonte di divertimento o derisione fuori da esse. Anche le capacità finanziarie e la dedizione agli affari, che hanno avuto un triste ruolo nella creazione degli stereotipi sugli ebrei, sono argomenti molto accettabili, se trattati nel modo giusto. Un insegnante di matematica scrive delle cifre alla lavagna, poi si volta verso la classe e chiede: “Cos’è mai 2%?”. Un bambino ebreo alza le spalle, apre le mani e ammette: “Ha ragione!”.
L’esempio è tratto da “The Jewish Joke”, la nuova raccolta commentata di Devorah Baum, docente di letteratura inglese e teoria critica dell’Università di Southampton, in Inghilterra. È molto probabile che anche i più avidi collezionisti di barzellette sugli ebrei vi trovino nuovo materiale. In un’altra opera recente, Baum parla di senso di colpa, paranoia, rancore, ansia e altri sentimenti associati (come dice lei) agli ebrei, e sostiene che siano sempre più comuni tra i non ebrei. Secondo lei, è in parte colpa della globalizzazione, che lascia molte persone senza radici ed emarginate. In altre parole, adesso siamo tutti ebrei, più o meno.
The Economist
Traduzione di Sara Volpe e revisione di Federica Alabiso, studentesse della Scuola Superiore Interpreti e Traduttori dell’Università di Trieste, tirocinanti presso la redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.