Torà…

“Rivolga il Signore il Suo aspetto verso di te e ti conceda la pace” (Numeri 6,26). Il midrash (Talmud B. Berakhot 56b), commentando queste parole, che costituiscono la parte conclusiva della Benedizione sacerdotale, esemplifica la pace attraverso tre diversi soggetti “il fiume, l’uccello, la pentola”. Rav Yakov Dushinski ha dato di questo midrash una suggestiva interpretazione. Il fiume rappresenta la capacita dell’individuo di agire per il bene della collettività, così come ogni singola goccia costituisce parte del flusso dell’acqua che porta vita ovunque scorre. Esiste però il rischio che la persona perda della propria individualità e della propria specificità nell’unirsi ad un contesto molto più grande, pertanto si aggiunge il paragone con l’uccellino che nel suo volo si distingue all’orizzonte, anche se talvolta si posa al suolo ricomponendosi nel panorama, in questo modo ci ricorda l’importanza che ciascuno operi per il bene più ampio utilizzando però le proprie specifiche peculiarità. Anche questa immagine non è però esente da rischi, è possibile che colui che si lancia nel “volo solitario” abbia poi difficoltà a rientrare e prendere coscienza dei problemi reali che lo circondano. Per questo la terza immagine quella della pentola che bolle sul fuoco. Fuoco e acqua sono antagonisti, la pentola fa sì che la forza dell’uno e le risorse dell’altra concorrano a compiere una trasformazione utile e positiva di quanto “bolle in pentola”. La pace non consiste semplicemente nel separare i contendenti ma nel ricavare da loro congiuntamente una nuova forma di vita. Per questo occorrono la forza della collettività e il valore dell’individuo.
Anche per questo non possiamo che rinnovare la nostra fiducia che il nostro compito sia di ricercare il nostro ruolo di pace attraverso le parole della Torà

Giuseppe Momigliano, rabbino

(23 maggio 2018)