Il senso di suonare Strauss
Su contenuti e simboli suprematisti attribuiti alla produzione musicale di Richard Wagner si è tanto discusso e talora con significativi slittamenti dalla realtà storica e artistica; Theodor Herzl adorava la musica di Wagner mentre il direttore d’orchestra ebreo Hermann Levi (figlio del rabbino Benedikt Levi) diresse la prima del Parsifal a Bayreuth nel 1882 e di Wagner fu grande amico e sostenitore.
Dato l’enorme impianto organologico della musica wagneriana – occorrono grandi orchestre, molti cantanti, grandi cori misti, ecc. – è tecnicamente difficile che essa sia stata eseguita da orchestre assemblate nei Campi come da partitura; le testimonianze rilasciate dai sopravvissuti circa l’esecuzione di musica wagneriana nei Campi di concentramento si riferiscono ad arrangiamenti per organici medi o accompagnamenti al pianoforte di pagine popolari del repertorio wagneriano (ci sono programmi di sala prodotti nei Campi all’uopo).
In tal caso, la musica di Wagner viaggia sullo stesso piano della gran parte del repertorio classico ridotto, arrangiato e adattato a diversi organici in cattività civile e militare; non ultimo, la musica napoletana e i grandi successi internazionali di Cesare Andrea Bixio.
Oltre che in Campi di stermino, Wagner era eseguito a Dachau sin dal 1933 e in altri Campi dove il Reich tentava di applicare politiche di cosiddetta rieducazione sociale tramite l’arte; trattasi tuttavia di un numero esiguo di performances e non si può in alcun modo parlare di un fenomeno diffuso.
Molto più sovente accadeva che orchestre provenienti da Berlino o altre grandi città tedesche svolgessero trasferte presso i villaggi ufficiali annessi ai Campi di concentramento e che eseguissero grandi pagine di Wagner con inevitabile ascolto anche da parte dei deportati del Campo attiguo; allo stesso modo, dal 1943 al 1944 la Germania consentì a orchestre britanniche l’accesso con appositi salvacondotti a Campi di prigionia militare tedesca ed esecuzione o allestimento di repertorio sinfonico e teatrale britannico, incluse commedie musicali su testi di William Shakespeare.
Nella Palestina Mandataria la Palestine Orchestra fondata da Bronisław Huberman – successivamente Israel Philharmonic Orchestra – eseguì regolarmente repertorio wagneriano sino alla famigerata Kristallnacht del 1938; tuttavia nessun musicista residente nel Mando britannico avrebbe mai pensato di conferire a Wagner significati ideologici quali erano attribuiti dal Terzo Reich.
In seguito prevalse un tacito divieto di eseguire la sua musica in Israele; da Zubin Mehta a Mendi Rodan e Daniel Barenboim, non pochi – e non senza polemiche – sono stati i tentativi di reinserire Wagner nel circuito musicale israeliano.
Dulcis in fundo, il grande violinista ebreo lituano naturalizzato statunitense Jasha Heifetz (nella foto) che nel 1950 a Tel Aviv decise di eseguire un programma di musiche di Richard Strauss, anch’egli bandito dai concerti israeliani come Wagner; durante la conferenza stampa prima del concerto uno sconosciuto gli ferì la mano destra.
Heifetz non si scompose, si fasciò la mano e la sera suonò Strauss; stando ai giornali statunitensi, fu un successo da venir giù il teatro mentre il Maariv – più realisticamente – scrisse che in sala scese un silenzio glaciale e partì soltanto qualche timido applauso.
A un giornalista che il giorno dopo gli chiese che senso avesse suonare Strauss in Israele dopo quanto accaduto in Europa, Heifetz rispose che noi ebrei non cancelliamo l’Arte altrui come invece altri hanno tentato di fare con noi; gli ebrei sanno riconoscere la grandezza nell’Arte di chiunque.
Il non senso si combatte con ciò che ha senso; la musica scritta in cattività ha un senso.
“Un giorno tutto ciò avrà un senso”, scrisse il violinista Karel Fröhlich a Theresienstadt; fare musica ha conferito un senso all’ingegno e alla creatività di chi nei Campi ha lasciato la propria vita.
Alla nostra vita, invece, la loro musica ha offerto una enorme, irripetibile opportunità.
Francesco Lotoro